domenica, dicembre 21, 2008

NATALE


Più di una volta e soprattutto dopo un brevissimo passaggio in un quartiere popolare di Kinshasa, la capitale, ho avuto come l'impressione che la pelle dell'uomo e della donna congolese non valga nulla e possa essere impunemente calpestata; più di una volta ho avuto l'impressione che l'energia del suo corpo possa essere succhiata, senza vergogna, allo stesso modo di come sono sfruttate le immense ricchezze della sua terra e delle sue foreste. Il nostro "lavoro" a Babonde consiste nell'annunciare, con parole e gesti, con preghiere e "Parola", con lavori e progetti di sviluppo, che Dio guarda con occhi diversi i suoi figli congolesi, anch'essi sono fratelli in umanità con tutti gli altri uomini e donne del mondo, e che anche per loro Dio ha pensato ad una vita dignitosa e serena, libera dalla paura degli spiriti malvagi, libera dalla paura e dalla minaccia degli uomini malvagi, e sono molti. La nazione congolese è spesso agli ultimi posti nei differenti "indici di sviluppo": sanità, scuola, durata della vita, segno di un paese che regredisce, ma non è agli ultimi posti nell'accoglienza del Vangelo. Nonostante mille e mille delusioni, la speranza non manca al popolo congolese, pieno di vitalità, di creatività e di accoglienza. Pieno d'attesa di una salvezza che deve venire. I cristiani tutti insieme, quelli di Babonde e congolesi, quelli italiani e padovani, tutti insieme ci prepariamo ad una salvezza che deve venire; viene da fuori: siamo in attesa di un "nuovo Natale", di un bimbo straordinario di nome Gesù. La sua "ricetta" è semplice ed esigente, tocca il cuore, provoca un sussulto: accogliere e donare, lasciarsi accogliere e ricevere, incontrare senza paure, sempre: in ogni uomo Gesù vede se stesso, il figlio del Padre. La salvezza verrà, se governanti e potenti guarderanno la nazione ed il popolo congolese con occhi diversi, con gli occhi di Gesù. Un buon lavoro di missione sarà, se i missionari sapranno guardare i loro fratelli con gli occhi di Gesù, e stringere le loro mani con le mani di Gesù. La nostra salvezza verrà, se sapremo guardare gli altri - tutti gli altri - con gli occhi di Gesù, vedendo altrettanti "lui stesso"- "noi stessi", figli del Padre.

Allora vi saluto con un augurio: occhi nuovi, cuori nuovi, la nostra liberazione è vicina.

giovedì, dicembre 11, 2008

Articolo 25


10 dicembre Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo
La memoria è importante. Compiuti sessanta anni dal giorno della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, questo grande progetto di umanità, scritto sulla carta e firmato con grande solennità, stenta ad essere scritto nelle coscienze delle persone e nelle politiche dei governanti, mentre rimane praticamente assente dai tavoli di discussione dove si decidono i grandi interessi economici di stati, gruppi finanziari o gruppi industriali. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: è tutto il bene di cui l’uomo ha diritto, come singolo e come comunità. Attenzione: non tutto il bene che gli possiamo augurare, ma tutto il bene di cui ha diritto. Tra i molti diritti che la Dichiarazione Universale intende affermare con forza, mi sono caduti gli occhi su di un articolo, l’Articolo 25:
Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia. Maternità e infanzia hanno diritto a speciale cura e assistenza.
E’ vero, ciascuno legge la realtà dal suo particolare punto visuale, talvolta è un punto di vista ristretto, ma l’insieme di tanti punti di vista e prospettive probabilmente può meglio descrivere la realtà. Voglio leggere questo diritto da Kinshasa, la capitale della RDC poiché è stata l’ultima tappa del viaggio verso l’Europa, vi vorrei allora scrivere qualcosa di come ho potuto leggere, dal mio punto di vista questo articolo 25.
E’ con gli occhi che sono stato toccato/shoccato dalle strade ed abitazioni, dall’immondizia e dal fango, dalla mancanza di acqua potabile e di elettricità, dalla precarietà della scuola, della sanità e del lavoro… realtà quotidiane di una capitale di quasi 8 milioni di abitanti. Non c’è né bellezza né dignità che si possa vedere e notare con evidenza. Unica eccezione la gioia di vivere di bimbi e giovani, una speranza endemica come la malaria capace di guarire qualunque frustrazione. Quale sarà il “tenore di vita sufficiente” dell’uomo di Kinshasa, quale il benessere sufficiente della sua famiglia? Non mi soffermo a descrivere, ciascuno può immaginare. Certo anche in occidente occorre lottare per il rispetto di questo diritto, ma non c’è proporzione.
Non è più questione di punti di vista o di “fortuna geografica” (il nascere in un posto piuttosto che in un altro), occorre colmare la sproporzione.
E’ questione di governo mondiale, di cui l’ONU, timido ed abbruttito abbozzo, non è stato finora in grado di gestirne il compito, all’altezza delle speranze e delle sfide.
Ieri si diceva “politica” oggi si dice “geo-politica”; è mondialmente che si spartisce la torta energetica; è a livello mondiale che si distribuiscono le armi e si fomentano le guerre; è a livello mondiale che si stringono contratti per l’accaparramento delle materie prime ed è ancora a livello mondiale che si spostano i capitali e le risorse finanziarie.
I bimbi nelle strade di Kinshasa non possono sapere tutto questo, non possono sapere della necessità di un buon governo mondiale. La speranza e la gioia a loro non manca, ne hanno diritto. Ma hanno bisogno di molto altro. Se io, se tu, le nostre coscienze, se le nostre associazioni, i nostri partiti e governi, le nostre fedi e movimenti possono qualcosa per i diritti di tutti, perché questi bimbi non si accorgano troppo in fretta di quante cose sono state loro negate e saranno loro negate…
10 dicembre Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Articolo 25. Ricordare è importante.