domenica, luglio 16, 2006

Incontro di povertà


Mercoledì 28 giugno 2006
Viaggio a Isiro, sarà incontro di persone, di commercianti per gli acquisti da fare, di ritorno alla “città” dopo tre mesi di “brusse”. Ottanta chilometri per cinque ore di viaggio senza intoppi, che riescono a fare la differenza, molti degli abitanti di Babonde, Isiro non l’hanno mai vista. Oggi questa Isiro mi appare come una città vera, con la possibilità di usare il telefono cellulare, un aeroporto, dei negozi dove si può trovare quasi tutto quello che si cerca: dei rubinetti, del nastro isolante, un vetro per la vettura, dei cacciaviti, delle lampade al neon, un passino, i chiodi e una pialla per la falegnameria… confesso che quando sono arrivato non mi aveva affatto donato l’idea di una città, quanto di un grosso villaggio, ma ora la mia prospettiva è cambiata, non provengo più dall’Italia e da Kisangani, ma da Babonde. Cambiare prospettiva fa cambiare il gusto a molte cose. Viaggio ad Isiro: sarà anche un avvicinamento di povertà… più sfiorate che incontrate.Da Babonde partiamo con la suora infermiera che recupererà dei medicinali, e un poveraccio che da qualche mese staziona all’ospedaletto di qui, la sua malattia ora, dopo aver curato la tubercolosi contratta mentre cercava oro a qualche decina di chilometri di distanza, è piuttosto la solitudine. A giorni alterni è alla missione per un po’ di riso e qualche piccolo aiuto. Cercherà ad Isiro qualcuno della sua famiglia, senza trovarlo, questo era il risultato della ricerca al termine del primo giorno. A partire dall’indomani non lo vedremo più, avrà finalmente rintracciato qualcuno o una soluzione estemporanea? Un pezzo della sua famiglia o una prosecuzione di viaggio verso Kisangani la sua città? Ad Ibambi, recuperiamo fr. Egide, e De S., un belga che vive qui da più di quarant’anni, ha una piantagione di caffè. Viene con noi ad Isiro per pagare le tasse, anche queste“trattabili” come tutte le altre mercanzie; anche lui ne approfitta per fare qualche spesa, per acquistare i pezzi di ricambio della sua auto in panne e per piazzare il caffè prodotto. Lo accompagna messieur “Oui”, un suo ragazzo fidato che ha però il difetto, secondo il mio modesto avviso, di rispondere sempre “si” ogni volta che viene interpellato da messieur Jean De S… gli è pagato il lavoro che fa, ma ci aggiunge gratis di suo, un pò troppa compiacenza. Ad Isiro avremo l’occasione di acquistare una morsa, ci serve per alcuni lavori e la nostra vecchia è oramai inservibile. I negozi, uno accostato all’altro, nelle strade che formano il “centro commerciale” della città, sono chiamati “boutique”, mi suona un po’ buffo, per locali di 3 x 3 metri, stracarichi di mercanzie. Al termine boutique ho sempre associato una immagine di eleganza e di finezza, ma ora, mentre i gomiti sono già appoggiati al bancone, il secondo piede è ancora fuori della porta. Anche “centro commerciale” risulta un pò stonato con quello che si vede, ma tant’è, è la sostanza che conta. Le boutique hanno infatti una loro invidiabile efficienza. Se cerchi un articolo che il negoziante non ha, appena fuori della porta altri uomini sono in ascolto e provvedono all’istante a recuperare la merce, ecco allora che ci si trova immersi in due, quattro trattative contemporanee. E’ così che, mentre stiamo ripartendo si presenta un uomo a vendere la “sua” morsa, nel senso che è la morsa con la quale lavora, produce dei secchi d ferro che i figli vanno a vendere al mercato o appunto al centro commerciale. Sapendo che è la morsa con la quale lavora – ma non guadagna – vorrei non comperarla, ma insiste, l’ha già staccata e condotta a noi. E’ tempo di esami e per poterli sostenere, gli studenti devono essere in regola con i pagamenti della quota mensile dovuta agli insegnanti, poiché lo stato li paga appena una miseria. Ecco che quest’uomo ha assolutamente bisogno di realizzare all’istante un po’ di denaro per le necessità immediate e le spese scolastiche dei figli. Stavolta non tratto sul prezzo che propone, pago la quota intera, ma con un amaro in bocca.Nel viaggio conduce la Land Rover il nostro meccanico ed autista. Lo stato penoso delle strade e la condizione del nostro veicolo, per il momento senza 4x4, non ci permette di rischiare, ogni viaggio è una avventura con pericoli reali. Sulla strada del ritorno il fango ci farà da trappola, ma con l’aiuto di alcuni uomini e di una pala riusciremo a liberarci in fretta. Siamo in sette, con i bagagli, e dico di no ad un papà che mi chiede un passaggio per una sua parente, dovrebbe andare fino all’ospedale di Pawa. Siamo già in troppi. Anche se a stringerci o piazzando meglio i bagagli ci sarebbe stata…scopro dopo che si trattava solo di una trentina di chilometri, un piccola fatica che avremmo potuto fare agevolmente. Una situazione identica al momento del ritorno, nel primissimo pomeriggio, quando si presenta una mamma con il suo bambino di forse un anno, per chiedere un passaggio fino a Babonde. Stavolta siamo davvero stracarichi ed è impossibile farcela stare, anche se mi parla di qualcuno all’ospedale che lei deve assolutamente visitare. Già nel mattino era appunto venuta per chiedere il passaggio e, vista l’impossibilità, aveva scritto e consegnato una lettera per la sua famiglia, ma per forzare un po’ la mano si era poi presentata con i fagotti e il bimbo pronti per il viaggio.E’ venerdì, è il giorno del Sacro Cuore di Gesù, celebrazione dell’Amore, ad Ibambi con i nostri confratelli faremo un po’ di festa, ci sarà del vino a tavola e il dolce, ma mi pesano i “no” pronunciati, pesa la superficialità nello sfiorare le povertà piuttosto che incontrarle, pesa l’impotenza del non riuscire a dare risposta a colui che chiede, pesa il sospetto che non tutti i poveri siano poveri, ma che ci sia qualcuno, profittatore, dal quale doversi difendere. Porterà il Signore anche questo peso? Il Signore porterà anche questo peso!

martedì, luglio 11, 2006

Loro lo sanno!


Venerdì 09.06.2006 Le persone qui sono molto religiose e le celebrazioni nella liturgia sono molto belle e vivaci anche se un pò lunghe per le mie abitudini. C'è un senso di fede profondo, una grande fiducia in Dio, quella fiducia che noi siamo piuttosto abituati ad avere in noi stessi e nella tecnica, ma che a ben guardare non rassicura poi così tanto.Ieri siamo passati in mezzo alle case dei poveri del villaggio, nel senso che la missione ha costruito alcune case per coloro (pochi) che non hanno famiglia, qualche vedova e qualche persona con handicap. E' straordinario constatare come sia presente in essi la quella gioia non banale nè passeggera, pur nelle condizioni estreme di vita. La gioia è sul volto dei poveri perché sono benedetti da Dio, come tutti gli uomini d'altronde, ma essi "lo sanno", è questo il loro vantaggio, e non cercano altrove quello che hanno avuto e scoperto per "grazia".

giovedì, luglio 06, 2006

Bamoka


Domenica 4 giugno 2006
Bamoka
Stamattina celebrazione dell’Eucaristia a Bamoka. Mi accompagna il confratello fr. Egide, io celebro la Messa e lui predica e mi fa vedere “come si fa”. Il villaggio non è molto lontano, una dozzina di chilometri che percorriamo con la motocicletta. E’ giornata di mercato a Babonde, il centro più grosso, di riferimento, per cui i cristiani alla messa non sono molti, comunque più di 150, la chiesa è appena sufficiente oggi, a loro piacerebbe ingrandirla per permettere ad un numero più grande di cristiani di partecipare. I catechisti sono 4, con un consiglio pastorale. Sentono forte l’isolamento e l’impossibilità di poter sviluppare qualsiasi cosa a causa della mancanza di strade, di sicurezza, di accompagnamento da parte delle autorità. Quasi mai è certo che un progetto iniziato possa tranquillamente raggiungere il suo fine. Unico lavoro è l’agricoltura, si può anche produrre bene, ma per vendere dove?… trasportando la merce come? Per arrivare a Bamoka ci sono diversi saliscendi, e piccoli ruscelli da attraversare. Con dei tronchi di legno si costruiscono piccoli ponticelli sufficienti per far passare una vettura, anche se l’unica a passare di qui in qualche rara occasione è quella della missione di Babonde. Ora uno di questi ponti è da risistemare, alcuni tronchi non reggono più. La comunità cristiana è pronta a fare il lavoro, ma teme di scavalcare l’autorità del capo villaggio, al quale spettano simili decisioni, che tardano a venire. Occorrerà incontrarlo e suggerirgli la decisione da prendere. Il mercato di Babonde, due volte per mese, è luogo di incontri, di scambi, di raccolta di informazioni.
Parlo loro di internet, ma è solo un’altra tessera mancante di quel mosaico di cose che qui forse non vedranno mai. Pensano all’Europa come al paese dove tutto sicuramente è più felice, facile, a portata di mano. Posso loro dire che sicuramente ci sono molte più cose ma non necessariamente molta più felicità… Ogni uomo, ovunque, è alla ricerca di quello che non ha, e sempre gli manca qualcosa… che stia cercando nella giusta direzione? Migliorare le proprie condizioni di vita è senz’altro buona cosa, un debito che abbiamo nei confronti dei doni di intelligenza ricevuti. Ma non è ancora l’acqua viva che disseta. Oggi è Pentecoste, il dono dello Spirito permette a popoli differenti di comprendere l’unico linguaggio di un amore ferito ma vittorioso, esigente ma contagioso, che chiede la lotta, soprattutto interiore ma dona la pace.
BambiniIl 29 marzo, in occasione della conferenza stampa settimanale a Kinshasa, Danielle Barrot, responsabile della sezione della protezione del bambino della Monuc, ha denunciato "dei casi di nuovo reclutamento di bambini soldato, di maltrattamenti, di soprusi, di arresti e detenzione illegale nei riguardi dei bambini usciti dalle forze o gruppi armati". Sul piano mondiale, la RDCongo è uno dei sette paesi più toccati dal fenomeno dei bambini soldato. Si stima che, in RDCongo e dal 1998, almeno 30 000 ragazze e ragazzi di meno di 18 anni siano stati reclutati, con la forza o volontariamente, in gruppi armati. Erano così esposti alle ostilità, al lavoro forzato o alla schiavitù sessuale. Attualmente, più di 16 800 ex bambini soldato sono entrati nel programma di smobilitazione e reinserimento in corso. La Sig.ra Barrot si è detta soddisfatta della prima condanna, il 17 marzo scorso, di un individuo accusato di reclutamento di bambini. Si tratta del comandante Jean Pierre Biyoyo, condannato a cinque anni di prigione dal tribunale militare di guarnigione di Bukavu, capoluogo della provincia del Sud Kivu, alla frontiera con il Ruanda, per arresto arbitrario e detenzione illegale di bambini che avevano già lasciato dei gruppi armati.
Veronica
Mi sembra bello diffondere una lettera/storia raccontata da un’amica, Claudia, laica missionaria in Kenya per tre anni.
Veronica: è stata lei quest’anno ad aiutarmi ad entrare un pò più in profondità nel mistero della Pasqua e che sta cercando di aiutarmi a viverlo.
È lei il Gesù che soffre, umiliato e dimenticato da chi gli è vicino, dagli stessi che egli ama e per i quali dà la vita.
Ed è lei che mi aiuta ad allargare lo sguardo, a vedere e ad amare non solo i poveri che voglio vedere ed amare io.
È lei che mi aiuta a credere e a sperare nella Risurrezione, che mi insegna che Gesù è morto e risorto per ogni uomo e per tutta la creazione.

È stata la mamma ad accompagnarla un mese fa in una delle cliniche dove lo staff del Progetto per le Persone con Disabilità incontra regolarmente i disabili della zona (di fatto si tratta del cortile esterno di una scuola elementare).
Veronica è stata accompagnata perché ha più di quattro anni ma non cammina e non si regge in piedi. In realtà basta poco ai colleghi per capire che uno dei suoi problemi principali è la denutrizione.
Viene dato alla mamma qualche consiglio sull’alimentazione e qualche indicazione sulle parallele da costruire con dei pezzi di legno per aiutarla a reggersi e magari, piano piano, a muovere qualche passo.
Decidiamo di accompagnarla a casa per vedere dove abita, per sapere come raggiungerla nel caso non venisse più riaccompagnata alla clinica.
Ci sono altri bambini che girano in quella che è difficile definire casa tanto è piccola, spoglia, povera.
Scopriamo che questa donna ha avuto 10 figli. Molti sono sposati o comunque fuori casa ma una delle figlie, Mary, dopo una lite con la nuova famiglia, decide di ritornare a casa con i suoi due figli, l’ultimo dei quali ha poco più di 3 mesi.
Arriviamo nella casa nel primo pomeriggio ma non c’è neppure il fuoco preparato perché non c’è niente da cucinare. I bambini sono sporchi e pieni di pulci penetranti.
Ma siamo tutti sconcertati e preoccupati per Veronica, per la sua alimentazione, per la sua igiene, per la sua crescita…

Siamo ritornati più volte a trovarla, a vedere come andava, a controllare se le due donne di casa (mamma e sorella maggiore) stavano collaborando con i volontari della zona che si stanno dando da fare per aiutare Veronica: qualcuno si è reso disponibile a dare alla piccola della frutta; qualcuno una tazza di latte al giorno; qualcun altro un uovo al giorno…
Alla famiglia viene chiesto solo di accompagnare la piccola in paese che è proprio lì vicino ma sembra che non ci sia molta collaborazione da parte loro.
Spesso la mamma non è in casa e né lei né la figlia maggiore portano Veronica a prendere il cibo.

Facile chiedersi come sia possibile… Facile arrabbiarsi… Facile pensare di portar via la bambina o di portare noi quanto serve… Facile anche aver voglia di mollare tutto …

Un giorno il marito di Mary dopo un lungo silenzio si presenta a casa e, arrabbiato per la situazione nella quale trova i figli, decide di portarsi via il più grandicello.
Mary sembra avere qualche problema mentale e non ci sembra molto in grado di badare neppure a se stessa per cui pensiamo che la nonna paterna ed il padre possano essere la soluzione migliore per il piccolo e poi rimane una bocca in meno da sfamare e forse un po’ di attenzione in più per Veronica.

Ma Gesù sulla croce non si è dimenticato di nessuno, neppure dei due ladroni che aveva al suo fianco e di tutti coloro che – ai piedi della croce – “non sanno quello che fanno”.
E nella sua sofferenza massima, prima di morire, ha affidato Maria a Giovanni e lui a Maria.
Quasi a ricordarci di avere uno sguardo ampio davanti alla vita e alla morte, davanti alla sofferenza, davanti all’umanità intera; ad insegnarci a non scegliere noi i poveri, i piccoli, i sofferenti; a non decidere noi chi ha più bisogno di amore…

Veronica è fragile, denutrita, forse anche malata ma non posso essere cieca e sorda davanti alla povertà di Mary che non ha saputo costruire una famiglia, che dopo aver perso il marito ora ha perso anche un figlio e che sa di essere rimasta con l’altro solo perché ancora troppo piccolo.
E non posso non pensare alla fatica di questa mamma, alla sua preoccupazione e sofferenza per tutto quanto sta accadendo.
Questa mattina le abbiamo fatto vedere una foto di lei e Veronica. Ha abbassato la testa e ci ha detto che non riesce a vederla: ha un problema agli occhi e ce l’aveva detto quel giorno in cui l’abbiamo incontrata ma poi… noi abbiamo scelto di pensare e preoccuparci solo di Veronica.
È facile e malvagio giudicare senza sapere, senza conoscere, senza cercare di capire, senza amare.
Ed il giudizio chiude gli occhi del cuore e ci fa dimenticare il bene, il buono.

Come è possibile pensare che questa madre non abbia a cuore la salute dei suoi figli e dimenticare che è stata proprio lei a portare a piedi la bambina alla clinica, a gridare il suo bisogno di aiuto, a chiedere di aiutarla a prendersi cura della sua piccola???

Oggi ho capito che fintantoché sarò io a decidere chi è povero e chi non lo è, a scegliere chi amare e come amare, per me non è ancora la Risurrezione.

Veronica ci ha portato alla sua famiglia e ci chiede di prendercene cura come Gesù ci ha portato a guardare e ad abbracciare la sofferenza, la fatica e la speranza, la morte e la Vita Nuova non solo di quelli che scegliamo noi ma di tutta l’umanità.

« Così dice il Signore Dio:
… darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro;
toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne » (Ez 11,19)