sabato, agosto 14, 2010

Gruppi nascenti




I giovani devono sempre stare al cuore delle differenti attivita' di una parrocchia... Quest'anno abbiamo festeggiato la nascita o meglio la rinascita del gruppo di Scuots. E' un po' "alla buona", secondo le tradizioni che vogliono gli scouts soprattutto degli abili animatori di danze, talvolta spericolate. In ogni caso abbiamo tentato di recuperare qualche libro di formazione e qualche formatore in provenienza da Isiro per dare un po' di "contenuto" e di spina dorsale... vedremo l'evoluzione.
Altro capitolo importante lo sport ed il torneo di calcio, terminato purtroppo nella "bagarre", nella confusione e nell'impossibilita' di accettare che per forza ci sia un perdente. I tifosi di Babonde avevano giurato che il trofeo non sarebbe uscito per un altro villaggio, avrebbero piuttosto sbarrato la strada se la squadra di Yambenda fosse risultata vincitrice. Qualche arbitro ha dovuto talvolta prendere la fuga per salvarsi, o ha dovuto rimangiarsi le decisioni sotto la pressione dell'ufficio centrale o sei tifosi. Qualche altra equipe ha abbandonato il terreno non contenta delle decisioni... E' comunque da continuare questa iniziativa, occasione di associare i giovani e di far loro comprendere che un regolamento esiste e che anche la sconfitta fa parte del gioco. Gli stessi giovani associati si sono gia' dimostrati disponibili per sistemare qualche tratto di strada o per qualche costruzione di utilita' comune.

Quando venite?




Tra le varie attivita' pastorali, qualche costruzione in mezzo. Anch'essa realizzazione della nostra scuola muratori, che ha per obiettivo la formazione di giovani capaci di aiutare concretamente lo sviluppo del luogo, senza andare in prestito di muratori stranieri, ma lasciando sul posto le conoscenze necessarie. Venendo qui in Africa pensavo che sarebbe stato facile un gemmellaggio Italia-Congo, ma davvero le cose non sono andate cosi'. Tuttavia noi ci stiamo preparando ad accogliere quanti vorranno farci visita, innanzitutto con la logistica: una casettina con due stanze e bagni (del "mai visto" da queste parti. A dire il vero abbiamo dovuto affrettare i lavori per la data del 15 luglio, in modo da poter accogliere con un po' piu' di tranquillita' i numerosi visitatori in occasione delle ordinazioni sacerdotali, andando a prestito di materassi e di coperte... e i servizi sanitari non sono ancora perfettemante installati. Per gli amanti delle costruzioni metto a conoscenza che la fossa biologica sta per essere completata e manca ancora un buon deposito d'acqua.
Tuttavia, anche se noi ci diamo da fare, la situazione delle strade rimane invariata se non peggiorata, e il servizio aereo di tanto in tanto conosce delle perturbazioni con frequenti sospensioni di voli. Quel caro "ponte" Italia-Congo rimane ancora al livello dei piloni di fondazione... con un po' di pazienza, di fede e di coraggio anch'esso si realizzera.

ATELIER




Nuovo Atelier
Finalmente, dopo aver lottato insieme ai giovani della “scuola muratori”, ai trasportatori di materiali da costruzione su strade impossibili, e all’aiuto di molti da Saonara, Padova/Crocifisso/Pieve di Curtarolo, Milano, Bologna… la “Salle p. Bernard” è pronta ad ospitare il nuovo atelier di Taglio e Cucito (grazie a tutti coloro che hanno inviato le utilissime macchine da cucite tra le quali la prima a "zig zag" di babonde). Sarà un gruppo di donne riunite in associazione che lo gestirà nel prossimo mese di settembre, mentre stiamo cercando qualche valido maestro. Pensiamo di ospitare nella stessa sala anche ad una Scuola di alfabetizzazione e alla Scuola di computer, compreso il probabile internet. L’associazione di donne si chiama PIF, non suona troppo bene in italiano, ma il suo significato è veramente bello e ambizioso: per la Promozione Integrale della Donna (Femme), speriamo molto bene nel futuro di questa associazione. La sala invece l’abbiamo dedicata a p. Bernard poiché Bernard Hams fu il primo missionario ad arrivare in questi villaggi a partire da Bafwabaka; Bernard Hemmerik fu il primo responsabile della nascente parrocchia di Babonde, poco più di una cinquantina d’anni fa. Ed abbiamo voluto aggiungere anche il pensiero ad una altro Bernardo, Longo, il missionario di Nduye che non è mai giunto qui attraversando i circa 350 chilometri, ma fa parte della stessa diocesi ed è conosciuto di fama. Che il loro pensiero sia benedizione per tutte le attività e persone che frequenteranno questa sala.

Ordinazioni



E’ raro che in un villaggio di foresta vi sia una cerimonia così solenne come quattro ordinazioni sacerdotali: quattro preti della nostra diocesi di Wamba, Eugene, Ernest, Romain e Benjamin hanno ricevuto l’imposizione delle mani da parte del vescovo Kataka Janvier e dei numerosi altri preti venuti per l’occasione. E’ stata festa per le famiglie, per Babonde e per tutti gli abitanti della “chefferia” dei Balika-Toriko (l’organizzazione amministrativa che raggruppa i più di quattrocento villaggi della tribù dei walika). Rappresentanti di altre confessioni religiose, direttori di scuole elementari e secondarie, medici e personale curante degli ospedali dei territori vicini, capi di villaggio, di “groupement” (raggruppamenti di villaggio) e di “chefferies”, qualche onorabile deputato, catechisti e fedeli… tanta gente come “mai si era vista a Babonde”, secondo la testimonianza di qualcuno. L’evento certamente è stato straordinario, il lavoro di preparazione anche, la “grazia” che non si vede con gli occhi, speriamo pure sia stata abbondante. Quattro giovani nati da famiglie dei Balika-Toriko, cresciuti nei villaggi circostanti, che hanno studiato nelle scuole elementari del luogo e che ora, dopo altri anni di filosofia e teologia sono preti per il servizio nella Chiesa. Preti per annunciare “buone notizie”, per ricordare e “dimostrare” l’esempio di un “maestro” che non si e' accontentato di insegnare. La tradizione di qui vuole vedere nel prete anche un "capo", una autorita' equiparabile alle grandi personalita' del luogo, ecco che tra i doni fatti dopo la cerimonia di ordinazione non puo' mancare il cappello tipico, abbellito con piume rosse di pappagallo e una specie di scopino da tenere in mano. Il nostro augurio: che questi nuovi preti siano autorevoli come lo fu Gesu' per il bene degli uomini.

venerdì, agosto 13, 2010

NUOVO INDIRIZZO MAIL

Diciamo che i problemi di connessione sono diventati notevoli, ecco il nuovo indirizzo mail, da preferire se il vecchio (renzo.busana@dehoniani.it)indica casella piena:
babonde63@gmail.com

omaggio alla BOUE


Omaggio alla “boue”
La foto è stata presa durante il viaggio fatto all’inizio dell’anno, direzione la missione di Mambasa, nella stessa nostra diocesi di Wamba ma a più di 350 chilometri di distanza. Una sessantina di questi chilometri, affrontati in moto, erano veramente difficili a causa della “boue”, parola francese che approssimativamente si pronuncia ‘bu’ e che significa ‘fango’. Per gli amanti delle lingue, tradotta in kiswahili suona invece così: ‘potopoto’. Non essendo né chimico, né fisico, né geologo non saprei dire il perché di questo colore rosso, certo che è simpatico, ed oggi vorrei scrivere qualcosa su questa “boue” senza sputarci sopra, anche se più volte ci siamo involontariamente e malvolentieri immersi in essa: me la immagino paradigma della condizione umana e delle sue speranze.
Mi ispira poiché vedendola penso ai buoni mattoni cotti che ci si potrebbero fare, mentre a Babonde la presenza di troppa sabbia impedisce una buona consistenza; una “boue” simile, inzuppata d’acqua, è ricercata anche dalle donne quando devono intonacare la loro casa fatta di una struttura di pali di legno intrecciati; un’altra “boue” diversa nel colore, raccolta vicino ai torrenti, è invece utilizzata per fabbricare pentole e recipienti, i più diversi ed utili…
Certo noi che eravamo in strada e ci eravamo già immersi fino alla vita un paio di volte in qualcuno di quei grandi buchi che scavano i camion carichi di merce incapaci di avanzare su di un terreno soffice impregnato d’acqua, in quel momento preciso la “boue” ci veniva fuori dagli occhi e non eravamo capaci di apprezzarla, rimpiangevamo un po’ di liscio asfalto (o almeno io lo rimpiangevo, visto che Valentino con il quale ho fatto il viaggio non credo abbia ancora avuto l’occasione di vederlo, se non qualche centinaio di metri ad Isiro), rimpiangevamo persino quei due chilometri fatti sul letto di un torrente parallelo al nostro percorso: deviazione provvidenziale per evitare dell’altra “boue” sulla strada, impossibile da superare.
Eh sì, a seconda delle situazioni di vita la medesima “boue” la si può cercare o fuggire, è preziosa o inutile, se non addirittura dannosa e nociva. Allo stesso modo l’uomo e la condizione umana, molto dipende da come la si guarda, lo stesso uomo, oggi amico ed “utile” domani lo si disprezza ed evita. La troppa “boue” che ti si incolla addosso e ti fa scivolare, che sporca e rallenta il cammino, che fa rimpiangere l’essersi messi in strada, è lei che accomuna tutti nella stessa fatica e nello stesso colore, che abbassa gli spiriti bollenti od orgogliosi e spinge a chiedere aiuto. Toccare l’umanità, ogni umanità, non è facile né semplice eppure siamo fatti della stessa, medesima umanità. Colui che è talvolta evitato divento ad un certo momento il percorso obbligatorio per raggiungere la meta. Dice la Bibbia che dal fango siamo stati tratti, per una avventura umana e divina, ma non dimentica di ricordare che nello stesso fango ritorneremo. Parentesi felice di colui che rimane pulito per un po’ di tempo soltanto, o piuttosto il fatto che noi uomini, pur rimanendo fango siamo afferrati alla mano e senza merito siamo tirati altrove? Probabilmente con san Francesco potremmo aggiungere “Laudato sii mì Signore per nostra sora “boue”, così sporca ma che tu fai bella.

giovedì, marzo 04, 2010

Mzee Gianni


Sono tre gli anni passati insieme a Gianni, ma sono dieci quelli che lui ha vissuto a Babonde e vent’otto quelli che ha trascorso nella missione del Congo, passando per Kisangani e Mambasa. E’ giunto il momento di salutarci, o meglio, lui ha pensato che venuto è il tempo di salutare la missione del Congo per continuare quella in Italia.
Raggiunti i limiti di età? La preoccupazione di lasciare lo spazio ai più giovani? Il desiderio di un periodo finale della vita più calmo, ma se possibile ancora più intenso nella preghiera? La consapevolezza che ogni cosa ha termine ed è controproducente cercare di prolungarla all’infinito? Il rispetto per la sua scelta si mescola alle lacrime, le mie e della gente di Babonde perché è duro perdere un padre, ed è fortuna averne più di uno nella vita, oltre al proprio biologico. Si schernisce padre Gianni dicendo che non lascerà grandi buchi poiché non ricorda di avere fatto grandi cose. Saggiamente dimentica le molte “cose” fatte e riconosce il “solo” avere cercato di amare, noi, tutti. Rimane qualche altra cosa oltre all’amore? Oggi molti rimpiangono un “padre”, certo non perduto ma fisicamente un po’ più lontano.
Sono cento le specie di amori che Gianni ha avuto per le “cento” e più persone che hanno bussato alla sua porta, a partire dai piccoli, quelli che tutti scansano perché infastidiscono: i minus habens, gli epilettici, i folli e i poveri. Difficile è il dialogo con colui che parla senza logica apparente e che “mangia” tutto il tuo tempo; difficile curare con la tua premura di alcuni momenti “di tanto in tanto” colui che ha bisogno di un’assistenza permanente; difficile intessere una relazione con colui che si accontenta di chiedere e solo a stento si scopre che cosa può dare. E poi l’amore per gli studenti e la loro formazione perché sia intellettuale e morale insieme, chiave di svolta per cambiare in meglio un paese in rovina, e che abbiano anche degli insegnanti qualificati poiché non si può dare ciò che non si ha, e un minimo di strutture decenti poiché non si può scrivere seduti per terra, quaderno sulle ginocchia. E quindi i malati indigenti, ai quali le cure sono sistematicamente negate perché non abbienti e puntualmente in ritardo rispetto all’urgenza delle cure necessarie; di fronte ad essi la compassione e l’aiuto non sono venuti meno quando invece all’interno della sanità pubblica il giuramento di Ippocrate sembra non conosciuto o forzosamente dimenticato, perché anche il medico ha famiglia e figli a scuola e senza salario deve “rifarsi” sui suoi malati. Cento specie di amori, per uno sviluppo duraturo che forzi una volta per tutte l’inconcludente “aiuto tampone” creando risorse, mobilitando energie; amori per una giustizia fondata sul diritto vincendo le logiche correnti del sopruso, dell’arbitrio e dell’impunità che fa leva sull’ignoranza dei diritti e sull’isolamento dei semplici; amori per il rispetto delle donne, protagoniste nascoste della vita che nasce e che cresce, alle quali non sono riconosciuti che doveri e lavori. Cento specie di amori nella pastorale esigente di quaranta villaggi senza campanili, ma certi della loro identità di comunità cristiane, desiderosi di Cristo e del suo perdono nella confessione, del battesimo e della preparazione necessaria; villaggi con poche persone o numerosi da essere degni di diventare da subito parrocchia, ma tutti puntigliosamente bisognosi di presenza e consigli, di attenzioni e di cura. Dice così un saggio:
"Chi ha cento specie di amori ha cento specie di dolori.
Chi ha novanta specie d'amori ha novanta specie di dolori...
Chi ha un amore ha un dolore.
Chi non ha amore non ha dolore".
L’abbiamo visto l’amore di Gianni, io e la gente di Babonde, l’abbiamo intuito il suo dolore, profondo e forte. Sappiamo da dove viene la commozione della sua voce al momento del saluto. Chi potrà ricompensare? Colui che dona gratuitamente gusta l’agro e il dolce insieme, senza potersi esimere. Ci ha promesso preghiere, la prima del mattino, del mattino di ogni giorno e crediamo che come rugiada sarà efficace. Non si pagano cento amori, tu Gianni accetta un “grazie”.

mercoledì, marzo 03, 2010

Spettacoli


Una Land Rover è uno spettacolo talvolta. Nel senso che di vetture non ne circolano molte sulle strade/sentieri del nostro territorio. Assieme alle vetture anche le motociclette sono un richiamo per i bimbi che lasciano volentieri i loro giochi - senza giocattoli - per salutare con molto entusiasmo e grida acute i viaggiatori. Se ci si impegna nel rispondere ai saluti può succedere di rientrare affaticati e con la voce debole. Le grida dei primi attirano l’attenzione dei bimbi che stanno più avanti, così che talvolta corrono veloci lungo i bordi della strada, preparandosi per tempo, in modo da offrire il loro “benvenuto”. La velocità, sempre ridotta, permette saluti e piccoli dialoghi, talvolta a scapito dell’attenzione necessaria su un percorso sempre accidentato. Wonodokuu! Wa ka gayani? Asekwabo? (nella lingua kilika, la sola che i bimbi conoscono, e che io padroneggio giusto per rispondere a questi piccoli dialoghi). Purtroppo domenica 14 febbraio la Land Rover è diventata spettacolo per un altro motivo: è andata all’aria, mostrando le sue gambe (ruote). Imperizia del nostro nuovo giovane autista, distrazione, eccesso di velocità, cattive condizioni della strada? Certo possiamo cercare cause e ragioni, sta di fatto che l’incidente poteva trasformarsi in tragedia per qualcuna della dodici persone che erano all’interno e che oramai in prossimità d’Ibambi, si preparavano a partecipare alla festa di quella indimenticabile domenica. In francese si dice “tonneau” una piroetta fatta su se stessi. La nostra vettura dopo essersi posata sul fianco si è fermata sul suo tetto, mandando tutti con la testa in basso e il pensiero a Dio. Il cristallo rovina in pezzi sui primi due, la carrozzeria di schiaccia dalla parte del passeggero davanti. Altri vetri in pezzi, scossoni ed urti. Poco a poco, uno dopo l’altro tutti i passeggeri escono con le proprie forze. Non un morto, non un ferito, non un osso rotto, non un trauma alla testa. Un giovane ragazza presa dall’angoscia una volta fuori dal veicolo inizia a gridare pensando d’essere l’unica sopravissuta e sviene. Qualche goccia di disinfettante per i due che hanno ricevuto graffi alla spalla, sulla guancia e molto spavento. “Mungu asifiwe”, “Dio sia lodato” ancora una volta, una protezione dall’alto non è venuta meno. Non abbiamo vittime da piangere, nessuno tra i passanti sulla strada è stato urtato, nessuna casa abbattuta. Un gruppo di giovani pieni di forza raddrizza la vettura e la spinge alla missione. A dopo le riparazioni. Nelle preghiere del mattino che facciamo ogni giorno prima di iniziare la messa c’è anche “Malaika mlinzi yangu” all’angelo custode. Certo con il cuore in gola, la festa di quella domenica occasionata dalla prima messa di due nostri giovani confratelli da poco ordinati preti ha potuto svolgersi nella calma e nel ringraziamento.
N.B. La data sulla foto non corrisponde in quanto la macchina fotografica era impostata su quella data errata.

Sorcellerie


“Sorcellerie” in lingua francese, che in italiano si traduce con “stregoneria”, ossia l’astuzia e l’ignoranza al servizio dell’interesse privato, secondo le più accreditate analisi. Siamo nel mese di gennaio a Gbunzunzu. Dopo la messa mi raggiunge una signora sulla cinquantina ed espone il suo caso. Nel villaggio dove abitava, a qualche chilometro di distanza, da diverso tempo accadevano fatti difficili a spiegarsi, numerosi malati, numerose morti di persone giovani, troppi animali da cortile uccisi e divorati da un leopardo che nessuno riusciva a cacciare. Il marito, capo del villaggio, ed i saggi consiglieri, non sapendo più che fare, con il permesso della “chefferie”, l’autorità civile del posto, prendono la decisione di fare appello al famoso stregone di Lomami, che più volte ha risolto casi simili. Giunto sul posto, dopo alcuni giorni di colloqui e di pratiche rituali dona finalmente il suo verdetto. La responsabilità di tutto il cumulo di sciagure è da attribuire a due donne, tra le quali la nostra signora, sposata al capo villaggio da più di vent’anni e madre di numerosi figli e figlie. Non c’è possibilità d’appello, la donna dovrà andarsene e trovare riparo presso la famiglia di uno dei figli, a Gbunzunzu appunto. Se il marito la vorrà tenere dovrà anche lui andarsene. Strano che in tutti questi anni non si sia accorto di avere tra le mani una persona così “pericolosa”. Numerosi dei testimoni al “processo” sono cristiani che fin dal loro battesimo hanno abbandonato queste pratiche come azioni di gente pagana, ancora priva della luce e della libertà del Cristo, ma il peso delle tradizioni e delle credenze non smette di farla da padrone. E’ una chiara falla nell’evangelizzazione, o il necessario constato che la fede anche se accolta con gioia ed entusiasmo solo poco a poco arriva a toccare i numerosi aspetti della vita concreta, progressivamente ci si accorge che qualcos’altro è da fare. La constatazione è vera per ciascun individuo di ciascuna cultura e latitudine. La costituzione della Repubblica sancisce che l’accusa di stregoneria è fuori legge e punita, ma di leggi sulla carta e di diritti sanciti e non attivi ne è pieno il mondo. Il consiglio dei catechisti si è impegnato a tutelare i diritti della donna, la quale è rinviata a mani nude, senza portare nulla con sé. La commissione Giustizia e pace farà rapporto alle autorità, senza troppo sperare. Non so come andrà a finire, certo continuerà il Vangelo a donare luce e ad esortare al cambiamento. Giustizia e verità si abbracceranno.

lunedì, gennaio 04, 2010

GRAZIE


Un grande grazie a tutti coloro che hanno collaborato, nelle più diverse forme, all'allestimento del container e di tutto il materiale che è stato messo all'interno.
Ci aiuterà, ed aiuterà molti. Mi dispiace non averlo già a Babonde, per ora sono riuscito semplicemente a "vederlo" a Mangina dove è ben depositato e custodito.
In ogni caso di nuovo un grande Grazie, p. Renzo

Natale e dintorni


Ciao, e BUON NATALE.
In Africa è normale diventare un pò "selvatici" e passare sopra appuntamenti e riti "normali" in altri contesti. Eccomi a Mambasa, diretto a Mangina dopo aver fatto la terribile strada di Niania. Scusate la citazione dei nomi che probabilmente non dicono molto, ma per noi hanno significato chilometri di fango e fatica.
Lo scopo del viaggio è quello di verificare il materiale arrivato dall'Italia con il container ed organizzarne il trasporto fino alla nostra isolata Babonde. La speranza era quella di trovare una strada accidentata ma praticabile in tempo di stagione secca, invece non è ancora il caso... attenderemo ancora, la pazienza è una dote che si fabbrica qui sul posto e chi la consuma tutta è bene faccia le valige per rientrare. A Mangina ho incontrato Mario, un italiano di Lecco che ha oramai 74 anni, malato ma ancora al lavoro. Laico consacrato allo sviluppo nella costruzione di scuole, ponti, centraline per la produzione di corrente elettrica, alimentazione... Una vita spesa per l'Africa e per gli africani. Ne parlo perchè alla sua età non cerca bilanci, ma dice: "pero di poter restare qui il più a lungo possibile"... E' una vita alla giornata, facendo "bene" del bene, senza pensare se avrà la forza ed il tempo per portare a compimento quanto sta portando avanti di nuovo, confidando ed affidandosi. "Goccia nel mare" piccolo fiore nel prato. E' contento e sereno nonostante i movimenti difficili ed una "robusta" sordità senile.
Pregherà per me ed io per lui.
E' stato per me l'immagine concreta di questo Natale. L'immagine della piccolezza e della fragilità del bimbo, insieme alla forza e alla robustezza della Speranza. Non alla ricerca di bilanci ma con gli occhi rivolti al domani per gustare la sua Pace nel cuore e per costruire una pace all'intorno fatta di preghiere ed opere buone (quello che oggi amiamo di più chiamare "progetti).
Ringrazio Mario. A tutti Buon Natale e Buon Anno nuovo