martedì, aprile 11, 2006

Auguri

2 aprile ‘06
Ieri sera all’esterno della missione è radunato il gruppo locale dei maestri – una quindicina – appartenenti all’organizzazione O.R.A., gruppo più vasto incaricato dell’azione di sviluppo presso le popolazioni pigmee di questa regione e dell’Ituri. Ricevono attraverso la missione un piccolo salario e qualche aiuto per le loro attività, e questa sera, poiché alcuni vengono da lontano, si fermeranno qui a cenare e a dormire. Uno di loro mi pone la domanda del perché ho scelto di venire a Babonde.
Effettivamente ho chiesto di poter venire in Africa e in Congo; il fatto che oggi sia precisamente a Babonde è invece perché mi ci hanno inviato e sono contento di esserci. Ma perché la missione? Dopo essermi posto io stesso la domanda, e dopo averla raccolta dagli gli amici in Italia, ecco la gente di qui ripresentare la medesima questione.
“Condividere la fede” è la prima risposta, “realizzare un sogno”, “accettare una sfida”, sono le parole che affiorano. Ma stamattina, domenica, è ancora “La Parola” a donare luce: “il Principe di questo mondo sta per essere gettato fuori” (Gv 12, 23-33). Il Principe di questo mondo, la realtà di male, di contrarietà a Dio e agli uomini, la mano alzata dell’uno contro l’altro, ogni chiusura ed egoismo, viene gettata fuori, dice Gesù. Il mondo e noi stessi, continuando a fare esperienza del principe di questo mondo, vediamo che la battaglia non è conclusa, siamo a nostra volta coinvolti nella sfida contro questo “Principe”e chiamati a gettarlo fuori, almeno dalla nostra vita.
Perché sono qui in Africa, a Babonde? Perché sento che è la strada per condurre “la buona battaglia della fede” (1 Tm 6,12), per continuare e condividere con altri questa sfida, per scoprire insieme la verità di Gesù, per sperimentarne la via, per gustarne la vita. Non sarò io a gettare fuori di questo mondo il “Principe”, nessuno di noi ne sarà capace, né saremo capaci di gettarlo fuori dall’Africa, né dal Congo. Sapremo però condurre una buona battaglia. Gesù ci attira.
BUONA PASQUA

Acqua ed elettricità

31 marzo ‘06
Siamo alla fine di marzo: piccole curiosità.
Dopo due mesi di peregrinazioni arrivare a Babonde, mettere finalmente i piedi per terra, “mettere su casa”, mi permette di uscire lentamente dal limbo in cui sono stato immerso. Sottolineo lentamente perché senza possesso della lingua locale ogni vera attività è attualmente difficile; rimane la possibilità di poter dare un piccolo segno di presenza. Resto quindi “calmamente” in attesa e attivamente immerso nello studio della lingua swahili, proprio oggi ho iniziato le lezioni regolari assieme al mualimo Didier, un maestro tutto per me.
La comunità composta da p. Jean Paul Masudi e da fr. Egid è, direi, ideale. Mi trovo pienamente a mio agio.
Il clima è fresco, non ci sono zanzare in abbondanza, comunque egregiamente rimpiazzate da minuscoli ed invisibili insetti – approssimativamente portano il nome di maranguen - e pizzicano in maniera incredibile, aspetto ancora un po’ fiducioso nella teoria che dopo numerosi morsi si diviene immuni, ma se non succede in fretta credo che dovrò adottare le maniche lunghe come unica valida difesa.
Giusto per esercitarmi nella scrittura in lingua italiana, e prima di farci l’abitudine voglio annotare alcune delle cose che saltano all’evidenza nella vita di “brousse” come si dice qui, ossia della vita all’interno delle zone rurali, della foresta, lontano dalle città, le quali, per inciso, hanno poco da spartire con una delle nostre città.
Elettricità ed acqua sono due elementi che cambiano profondamente alcuni quotidiani comportamenti. Ecco che il lavandino in stanza non dona nulla, pur avendo una cisterna fuori per alimentarlo, la quale raccoglie l’acqua piovana del tetto: è da pulire e sono da reinstallare le grondaie che mancano. Ecco che i gabinetti possedevano lo “sciacquone”, oggi fuori uso e il bidone pieno d’acqua con il vicino secchio fungono da validi sostituti; l’ispezione alla cisterna che fornisce l’acqua all’unica doccia della casa fa dubitare sul risultato finale del “dopo lavaggio”, se cioè se ne esca puliti o sporchi di qualcosa d’altro di differente: anche questa sarà da risistemare. Per fortuna c’è un bidoncino di plastica con rubinetto incorporato che sotto il portico, fuori del refettorio dona l’acqua necessaria per lavarsi le mani prima dei pasti, ma è buona anche per permettere di aprire bene gli occhi appena alzati, svegliati dolcemente dalla luce del sole. Quest’acqua viene da una cisterna che raccoglie le acque piovane del cortile interno: una pompa azionata da motore elettrico dovrebbe estrarla, ma è in panne, per cui un secchio attaccato ad una canna compiono onorevolmente il servizio. L’acqua che beviamo viene invece presa con dei bidoncini di plastica da una fonte poco lontana, viene bollita e filtrata. Fino ad oggi non si sono verificati effetti collaterali, per cui il sistema funziona; è con quest’acqua che ci si può tranquillamente lavare i denti. E’ incredibile di quanta ne consumerei se funzionasse il normale rubinetto con la normale acqua potabile. Dicevo di un motore elettrico, che potrebbe funzionare quando funziona il gruppo elettrogeno, ossia il vecchio motore diesel (dev’essere qui all’incirca dagli inizi della missione vista l’età che dimostra), è lui che produce elettricità per la casa. Attualmente viene acceso a partire dalle 18,30 quando cioè cala il buio; lo spegniamo alle 21,30/22.00 quando ci si dà la buona notte (la sveglia è alle 5,30) ed è in questo periodo che tutto ciò che è ricaricabile viene attaccato alle prese: la torcia elettrica, le pile per la radio o per la macchina fotografica, il registratore o il computer… Abbiamo un frigorifero con sistema di raffreddamento azionato a petrolio, funziona benissimo a confronto di quell’altro, nuovo, che prende la corrente elettrica da batterie ricaricate da una serie di pannelli solari, i quali però si rivelano spesso insufficienti. Penso che quanto prima lo staccheremo, anche perché c’è così poco dentro che quello a petrolio basta e di spazio ne avanza. Il carburante per il gruppo elettrogeno lo acquistiamo in fusti da 200 litri circa, il famoso barile quotato in borsa con il prezzo in continua crescita, qui all’interno si aggiunge anche la difficoltà di trasporto per strade impossibili che distruggono in breve tempo jeep e camion. Naturalmente il fornitore è unico, per cui è difficile trattare sul prezzo. Stasera, in attesa che arrivi il prossimo rifornimento abbiamo prelevato dal serbatoio della jeep per accendere il gruppo. Ieri per riparare una saldatura a stagno di un piccolo trasformatore abbiamo utilizzato l’unico saldatore disponibile riscaldandone la punta sulle braci del fuoco da cucina. Diciamo che è mancata un po’ la precisione viste le dimensioni della grossa punta, ma il lavoro è stato comunque efficace. Ecco dimenticavo la cucina, è staccata dalla casa, per tradizione di qui, ma anche a causa dell’abbondante fumo che abitualmente la abita, per fortuna una cucina economica razionalizza l’uso della legna, quando questa è lunga la misura giusta per entrare nell’apposito sportello, ma se a causa della lunghezza ne esce fuori o se è un po’ verde o umida l’effetto nebbia è assicurato.
Annoto tutto questo solamente per la meraviglia o il confronto iniziale con le condizioni di vita da cui vengo, ma bastano pochi giorni per abituarsi. Molti di questi particolari mi ricordano i racconti dei miei genitori nelle loro case d’infanzia. Una sola attenzione che vorrei avere, quella di non abituarmici troppo, avendo invece la tensione giusta per cercare di far funzionare meglio quelle cose che lo possono, evitando trasandatezza o minimalismo.

SALAMU

25 marzo ‘06
Arrivo a Babonde. Sono le 19.00 circa, quindi al buio, ma c’è ancora una piccola folla di gente che aspetta e fa festa, con saluti e canti. Sono davvero sorpreso, non me l’aspettavo. Molti non ho potuto vederli per il buio, molti di più perchè sono rientrati nelle loro case, erano davanti alla missione ad aspettare fin dalle 14.00. Scatto qualche foto con la solita grande meraviglia che il piccolo schermo digitale provoca.
Il viaggio sui 90 kilometri circa è durato 5 ore buone, con difficoltà di percorso davvero notevoli, mi rendo sempre più consapevole che mi sto allontanando da un mondo. Il cuore è lieto o sto pensando ad altro. La vecchia Land Rover e l’autista hanno fatto bene il loro dovere, eravamo stracarichi di materiale per la costruzione di una nuova chiesa a 30 km da Babonde, e stracarichi di persone. Grazie a Dio non ci sono stati intoppi. P. Jean Paul la settimana scorsa, quando era venuto per prendermi, sulla strada del ritorno ha avuto un guasto ed ha dovuto passare fuori la notte.
Viaggia con noi Pauline, una Piccola Suora dell’Evangelizzazione, hanno una comunità a Babonde ed un’altra ad Ibambi, a 16chilometri prima di Babonde. Le parole chiave sono Karibu, ossia “benvenuto” e “salamu” che è il saluto abituale in questa zona, importato dagli arabi che venivano a “caccia” di schiavi, ma che proviene dall’ebraico e significa “ogni pace e ogni bene”.