martedì, novembre 07, 2006

Altre immagini, piccole istantanee


19 ottobre 2006
La donna, quella che viene dopo sua zia.
Tornavo da Ibambi, una ventina di chilometri dalla nostra Babonde, dove avevamo cercato invano di saldare il supporto dell’ammortizzatore della Land Rover, e come capita spesso, do un passaggio a qualcuno che sulla strada chiede un aiuto. Stavolta c’è spazio per una sola persona, poiché ho caricato un centinaio di “ndele”, ossia delle “tegole” (uso questo termine per donare l’immagine, ma è tutta un’altra cosa) fabbricate con le foglie di rafia (una varietà di palma), che serviranno per aggiustare il tetto di una anziana che abita vicino a noi e non ha i soldi per pagare il trasporto del materiale.
La donna con cui facciamo la strada insieme era stata presso la famiglia di origine ed ora ritorna dal marito. “Come ti chiami”?, “Dove sei nata”?…
Faccio sempre tante domande, forse troppe, ma se non sono io ad intavolare il discorso il silenzio regna sovrano. Forse per rispetto, forse per timore, forse per prudenza.
Viste le distanze e i mezzi di trasporto, quando si va a far visita alla propria famiglia, occorre necessariamente prevedere dei tempi lunghi.
“Sono stata a riposarmi un po’ perché mio marito è vecchio e malato”.
“Sei sposata allora? ma tu sei giovane”?
“Io vengo dopo mia zia” mi risponde.
Una espressione che non capisco subito, può essere che il mio ed il suo cattivo francese non collimino bene, e che quindi cerco di farmi spiegare.
“Allora tu sei la seconda moglie”.
La poligamia poco a poco si sta riducendo, grazie al lavoro di evangelizzazione e alla visone cristiana dell’uomo e del matrimonio, ma è ancora diffusa, anche tra i credenti.
“Mio marito aveva sposato la sorella di mio padre e questa è morta senza dargli dei figli, così mio papà mi ha data a lui”.
“Ma tuo marito adesso è vecchio”?
“E’ mio papà che ha deciso così, non sono stata io a volere”
Mi stupisco che parli apertamente, non è facile, siamo quasi degli sconosciuti l’uno all’altra. Ma è anche vero che nel villaggio nulla è sconosciuto, talvolta nemmeno i pensieri più intimi. Forse per questo non ha difficoltà a raccontare.
“Hai dei figli”?
“Si, sono cinque, quattro sono ancora alla scuola”.
“Se tuo marito è vecchio, sei tu che lavori il campo per il mangiare e per tutte le altre spese”?
“Sì, lui non può più fare niente e tra poco morirà”.
E’ una conversazione breve, ma svela molte cose, soprattutto della condizione della donna, pilastro della famiglia africana e della sue economia domestica, di sussistenza, ma ancora “cosificata”, per molti aspetti trattata da merce di scambio. La dote che il marito deve pagare per avere la sposa, assume spesso la misura di una tassa soffocante: quattro maiali, cento litri di bevanda alcolica, riso, arachidi, olio, fagioli, un vestito per la suocera ed uno per il suocero… Se la dote non è ancora tutta pagata e i due vivono già insieme ed hanno dei figli, ogni occasione è buona per “trattenere” la donna presso la famiglia del papà così che un’altra tranche venga aggiunta alle precedenti. Un lutto, una festa, una malattia costringono a “dotare” la donna di qualche regalo da condurre alla casa paterna per evitare dissapori e talvolta litigi.
“Tu cercherai un altro marito”?
“No. Basta uomini. Mi tengo i figli ed è tutto”.


L'attesa di un pallone.
Siamo a Badedeka,. Se qualcuno viene da queste parti, oltrepassato il villaggio di Bamoka si prende sulla sinistra. Occorre fare attenzione ad un ponte, uno di quei piccoli ponti costruiti con delle “grume”, dei tronchi d’albero non scortecciato, costruiti artigianalmente dalla gente del posto per superare piccoli ruscelli o semplicemente per far scorrere l’acqua piovana in modo tale che non distrugga la strada o che crei enormi pantani difficili da attraversare. Bisogna montarci sopra di slancio in modo da non rimanere impiantati nel fango che gli sta giusto all’inizio, facendo attenzione a non rimbalzare di lato perché i tronchi sono in numero “giusto” appena sufficiente, non uno di meno, non uno di più. Da Babonde i chilometri sono all’incirca una ventina, su di una direzione che non ha molti sbocchi, da una parte la foresta, dall’altra Gbunzunzu e le sue “cave” per la ricerca dell’oro. Il villaggio è molto popolato e bene organizzato. Possiede una scuola primaria con tutte le sale di classe, si dice allora “ciclo completo”, e già accreditata a livello nazionale. Normalmente le scuole partono dall’iniziativa di genitori e di qualche maestro con la prima classe alla quale, in progressione, di anno in anno, si aggiungono tutte le altre fino a chiedere un numero/riconoscimento ufficiale, e quindi un salario (piccolo) da parte dello stato. Possiede anche un istituto superiore (secondario) con l’opzione pedagogica. In questi giorni gli studenti stanno ripulendo un altro pezzetto di foresta per costruire delle case ai professori che spesso vengono da altri villaggi e che non possono fare i “pendolari”. Avere una bicicletta non è da tutti e per tutte le tasche, spesso è un grosso investimento per chi comincia la strada del piccolo commercio o trasporto, e che poco a poco cercherà di ripagarla.
Sono rimasto positivamente meravigliato dall’ordine ed il decoro incontrati nella strada principale, come anche dal terreno di gioco che abitualmente fronteggia gli “edifici” scolastici. Ecco, questi mi hanno impressionato in altro senso, vedendo i buchi fatti dalle termiti nell’ufficio del direttore della scuola primaria, o quando abbiamo dovuto scacciar via capre e maiali dalle sale di classe dell’istituto secondario. Il direttore di quest’ultimo ha ordinato alla nostra falegnameria un tavolo da ufficio, uno scaffale, una lavagna per l’ultima sala di classe. Non c’è la graffite, ma con delle assi e con una apposita vernice nera, l’ardoisine, il risultato finale è buono.
Dopo la messa con inclusi i battesimi di una quarantina di catecumeni ed il matrimonio di una anziana coppia, è la festa, con le danze delle ragazze e dei bimbi, un piccolo mercatino, improvvisato all’occasione dell’assembramento di tante persone, qualche bidone di “bevanda” che circola qua e là… i pochi possessori di moto che esibiscono il loro ultimo e sofferto acquisto. Due di questi abbigliati di tutto punto, saranno gli chauffeurs della coppia di sposi. Semplicemente per fare ritorno alla casa dove la festa continuerà. Non ho ancora sentito parlare di viaggio di nozze, credo sia una tradizione inesistente. Uno dei direttori aggiunge che una buona partita di calcio sarebbe stata un degno coronamento della festa, ma la mancanza di un pallone degno del nome non ne ha permesso l’organizzazione. I ragazzi sono davvero abili nel costruire qualcosa di simile con delle vecchie palle oramai sgonfie, accartocciate con dei sacchetti di plastica, o con il caucciù estratto dalle piante e, così ho compreso, spalmato sul petto nudo in modo che una volta asciugato o essiccato il lattice, si ottenga un velo di sostanza adatta ad essere amalgamata in forma di palla. Non un solo pallone “vero” in tutto il paese. Non c’è un solo negozio nei paraggi che sia all’altezza di una di quelle piccole boutiques di Babonde. Ed anche a Babonde in una sola di queste si può essere certi di poter trovare un pallone vero, quella di Kabambi, il commerciante nande di Butembo. Ma il problema penso sia la difficoltà economica, 15 dollari sono la metà di uno stipendio d’insegnante, e altri salari nei paraggi non ci sono, tutti sono agricoltori e spesso vige ancora lo scambio in natura, per cui è difficile anche il solo avere un po’ di denaro in mano.
Mi lascio scappare la promessa di un piccolo regalo appena possibile.

La strada e la "psicologia" degli animali.
E’ dal primo viaggio fatto in motocicletta che poco a poco si impara a conoscere la psicologia degli animali. Sì perché sulla strada, che talvolta diventa pista, si incontrano e ci si “scontra” con i più comuni animali domestici. I villaggi più piccoli sono spesso una semplice serie di case allineate ai bordi della strada. L’allevamento inteso come preparazione di un luogo adatto per far nascere, nutrire e crescere gli animali praticamente non esiste. Ecco che essi circolano liberamente alla ricerca di cibo. Se il passaggio in macchina non crea problemi particolari, per chi guida, quando invece si è in moto essi diventano un pericolo grave. Studiarne la psicologia è quindi necessario per prevenirli ed evitarli, nella misura del possibile. Ma un piccolo esercizio di psicologia comparata, ossia le analogie probabili tra animale ed essere umano sarà senz’altro divertente.

“Guadagnare ad ogni costo la via di casa propria”.
Parliamo del pollo o gallina che dir si voglia, solo, in compagnia di amici o madre amorosa di una covata di pulcini. E’ l’incontro più frequente. Decisamente non sono di allevamento, allenati a sfuggire le sgrinfie e i denti di sparvieri, serpenti, cani ed altri pericolosi predatori non è raro vederli volare per decine e decine di metri, fino a dubitare che siano veramente dei semplici polli. Quando percepiscono l’arrivo della motocicletta, anche se sono ampiamente fuori traiettoria, loro unica ed assoluta preoccupazione è quella di raggiungere la propria capanna. Occorre dire così perché effettivamente durante la notte il loro riparo è condiviso con quello dei comuni umani mortali. Possono stare a destra o a sinistra del centro strada, ma quando sarebbe più comodo rimanere fermi, oppure fare un piccolo salto tra le alte erbe, iniziano una folle corsa verso l’unico cortile che solo dà sicurezza. Sgambettano, volano, starnazzano (starnazzano i polli?) e se la velocità della moto è tale da poterli affiancare, non esitano a gettarsi tra le due ruote per collocarsi dal lato giusto del loro desiderato riparo. Nel carniere ho già due prede.
E’ certamente bella e commovente la spasmodica ricerca della propria casa. E’ il posto sicuro, sono i confini certi, sono i volti amici, è la conoscenza dei dettagli. Al contrario, in altre occasioni, un luogo nuovo e sconosciuto può essere decisamente più a portata di mano e meno pericoloso. Un piccolo investimento di fiducia può ripagare ampiamente. La molta agitazione e il movimento disordinato producono traspirazione abbondante, ma non sempre regalano la salute propria degli atleti. L’azione senza la riflessione – qualcuno direbbe la potenza senza il controllo – è nulla.
Il re della strada
Non è piccola una Land Rover. Può essere che non impressioni più di tanto un pachiderma, qui non ne ho ancora visti e non credo davvero che ce ne siano, anche se qualcuno assicura di averne incontrati, di quelli piccoli, di foresta, differenti da quelli di savana. Eppure c’è un animale, domestico, e forse è questa la differenza, che non si impressiona affatto né della imponente Land Rover né della rapidità della motocicletta. Forse che, per il fatto di essere “domestico”, ha già familiarizzato con questi mezzi della tecnica? Eppure non sono certamente dei mezzi in possesso della maggior parte delle famiglie della zona. Succede infatti che ci si avvicini con grande rapidità, che si strombazzi con il clacson, che si acceleri per far sentire distintamente il rumore di qualcosa di pericoloso che si avvicina, ma… niente: l’animale resta placidamente al suo posto senza degnarsi di una mossa. E’ giusto della settimana scorsa che se ne stava comodamente immerso in una fangosa pozzanghera d’acqua al centro della strada. Penso potete immaginare in una strada sterrata, quei solchi profondi che lasciano le ruote dopo diversi passaggi. Ebbene, ci avviciniamo, cavalchiamo il solco in modo dal lascialo esattamente nel mezzo al passaggio della vettura, clacssoniamo, rallentiamo, ma nulla, nessun movimento. Alla fine decidiamo di passare comunque, “peggio per lui”. E’ solo quando gli siamo esattamente sopra che comincia a grugnire, a saltare, a seguire il veicolo da sotto cercando una via di uscita. Ci fermiamo ed eccolo uscire veloce, spaventato ma indenne. Mi sono chiesto più volte se è sordo o semplicemente si è da tempo auto-proclamato il “re della strada”. Impossibile prevederne le reazioni, se si sta muovendo rapidamente e cerchi di indovinarne la traiettoria per evitarlo con la moto, improvvisamente cambia di direzione. Se invece se ne sta immobile e passi lentamente per non disturbarlo eccolo che si spaventa ti attraversa la strada. Già due volte gli sono andato addosso, per fortuna senza conseguenze. Ah, di che animale si tratta? Avrete già capito, del maiale, di razza locale, più simile al cinghiale o di “razza migliorata” come si dice qui, ossia più grosso e simile ai nostri europei. Non importa di quale taglia sia, né di quale grandezza d’età, si comporta sempre allo stesso modo. E’ “re” o “sordo” a partire dal patrimonio genetico. Non cambierà e rischierà di fare molti danni, o al contrario di finire prematuramente nella pentola. Se “re”, sulla strada, piuttosto che governare, ha invece bisogno di qualcuno che pensi per lui, che cerchi di prevedere i suoi movimenti per non fare e non farsi del male. Se “sordo” là dove c’è il difetto di un senso gli sarebbe necessario sviluppare gli altri almeno quello della vista. In ogni caso non lo aiuta il procedere a testa bassa e l’essere permanentemente preoccupato di riempire il ventre. Nel momento del riposo cerca il fango delle pozze d’acqua, evitando la fatica di un luogo più tranquillo anche se più lontano. La forza non gli manca, ma non è disposto ad usarla per fini che non siano i suoi stretti interessi, è grosso abbastanza ma sbaglia quando persevera a pensarsi il “più grosso”.
La psicologia di questo presunto “re della strada” potrà avere somiglianze con qualcuno degli umani?