Omaggio alla “boue”
La foto è stata presa durante il viaggio fatto all’inizio dell’anno, direzione la missione di Mambasa, nella stessa nostra diocesi di Wamba ma a più di 350 chilometri di distanza. Una sessantina di questi chilometri, affrontati in moto, erano veramente difficili a causa della “boue”, parola francese che approssimativamente si pronuncia ‘bu’ e che significa ‘fango’. Per gli amanti delle lingue, tradotta in kiswahili suona invece così: ‘potopoto’. Non essendo né chimico, né fisico, né geologo non saprei dire il perché di questo colore rosso, certo che è simpatico, ed oggi vorrei scrivere qualcosa su questa “boue” senza sputarci sopra, anche se più volte ci siamo involontariamente e malvolentieri immersi in essa: me la immagino paradigma della condizione umana e delle sue speranze.
Mi ispira poiché vedendola penso ai buoni mattoni cotti che ci si potrebbero fare, mentre a Babonde la presenza di troppa sabbia impedisce una buona consistenza; una “boue” simile, inzuppata d’acqua, è ricercata anche dalle donne quando devono intonacare la loro casa fatta di una struttura di pali di legno intrecciati; un’altra “boue” diversa nel colore, raccolta vicino ai torrenti, è invece utilizzata per fabbricare pentole e recipienti, i più diversi ed utili…
Certo noi che eravamo in strada e ci eravamo già immersi fino alla vita un paio di volte in qualcuno di quei grandi buchi che scavano i camion carichi di merce incapaci di avanzare su di un terreno soffice impregnato d’acqua, in quel momento preciso la “boue” ci veniva fuori dagli occhi e non eravamo capaci di apprezzarla, rimpiangevamo un po’ di liscio asfalto (o almeno io lo rimpiangevo, visto che Valentino con il quale ho fatto il viaggio non credo abbia ancora avuto l’occasione di vederlo, se non qualche centinaio di metri ad Isiro), rimpiangevamo persino quei due chilometri fatti sul letto di un torrente parallelo al nostro percorso: deviazione provvidenziale per evitare dell’altra “boue” sulla strada, impossibile da superare.
Eh sì, a seconda delle situazioni di vita la medesima “boue” la si può cercare o fuggire, è preziosa o inutile, se non addirittura dannosa e nociva. Allo stesso modo l’uomo e la condizione umana, molto dipende da come la si guarda, lo stesso uomo, oggi amico ed “utile” domani lo si disprezza ed evita. La troppa “boue” che ti si incolla addosso e ti fa scivolare, che sporca e rallenta il cammino, che fa rimpiangere l’essersi messi in strada, è lei che accomuna tutti nella stessa fatica e nello stesso colore, che abbassa gli spiriti bollenti od orgogliosi e spinge a chiedere aiuto. Toccare l’umanità, ogni umanità, non è facile né semplice eppure siamo fatti della stessa, medesima umanità. Colui che è talvolta evitato divento ad un certo momento il percorso obbligatorio per raggiungere la meta. Dice la Bibbia che dal fango siamo stati tratti, per una avventura umana e divina, ma non dimentica di ricordare che nello stesso fango ritorneremo. Parentesi felice di colui che rimane pulito per un po’ di tempo soltanto, o piuttosto il fatto che noi uomini, pur rimanendo fango siamo afferrati alla mano e senza merito siamo tirati altrove? Probabilmente con san Francesco potremmo aggiungere “Laudato sii mì Signore per nostra sora “boue”, così sporca ma che tu fai bella.