giovedì, marzo 04, 2010

Mzee Gianni


Sono tre gli anni passati insieme a Gianni, ma sono dieci quelli che lui ha vissuto a Babonde e vent’otto quelli che ha trascorso nella missione del Congo, passando per Kisangani e Mambasa. E’ giunto il momento di salutarci, o meglio, lui ha pensato che venuto è il tempo di salutare la missione del Congo per continuare quella in Italia.
Raggiunti i limiti di età? La preoccupazione di lasciare lo spazio ai più giovani? Il desiderio di un periodo finale della vita più calmo, ma se possibile ancora più intenso nella preghiera? La consapevolezza che ogni cosa ha termine ed è controproducente cercare di prolungarla all’infinito? Il rispetto per la sua scelta si mescola alle lacrime, le mie e della gente di Babonde perché è duro perdere un padre, ed è fortuna averne più di uno nella vita, oltre al proprio biologico. Si schernisce padre Gianni dicendo che non lascerà grandi buchi poiché non ricorda di avere fatto grandi cose. Saggiamente dimentica le molte “cose” fatte e riconosce il “solo” avere cercato di amare, noi, tutti. Rimane qualche altra cosa oltre all’amore? Oggi molti rimpiangono un “padre”, certo non perduto ma fisicamente un po’ più lontano.
Sono cento le specie di amori che Gianni ha avuto per le “cento” e più persone che hanno bussato alla sua porta, a partire dai piccoli, quelli che tutti scansano perché infastidiscono: i minus habens, gli epilettici, i folli e i poveri. Difficile è il dialogo con colui che parla senza logica apparente e che “mangia” tutto il tuo tempo; difficile curare con la tua premura di alcuni momenti “di tanto in tanto” colui che ha bisogno di un’assistenza permanente; difficile intessere una relazione con colui che si accontenta di chiedere e solo a stento si scopre che cosa può dare. E poi l’amore per gli studenti e la loro formazione perché sia intellettuale e morale insieme, chiave di svolta per cambiare in meglio un paese in rovina, e che abbiano anche degli insegnanti qualificati poiché non si può dare ciò che non si ha, e un minimo di strutture decenti poiché non si può scrivere seduti per terra, quaderno sulle ginocchia. E quindi i malati indigenti, ai quali le cure sono sistematicamente negate perché non abbienti e puntualmente in ritardo rispetto all’urgenza delle cure necessarie; di fronte ad essi la compassione e l’aiuto non sono venuti meno quando invece all’interno della sanità pubblica il giuramento di Ippocrate sembra non conosciuto o forzosamente dimenticato, perché anche il medico ha famiglia e figli a scuola e senza salario deve “rifarsi” sui suoi malati. Cento specie di amori, per uno sviluppo duraturo che forzi una volta per tutte l’inconcludente “aiuto tampone” creando risorse, mobilitando energie; amori per una giustizia fondata sul diritto vincendo le logiche correnti del sopruso, dell’arbitrio e dell’impunità che fa leva sull’ignoranza dei diritti e sull’isolamento dei semplici; amori per il rispetto delle donne, protagoniste nascoste della vita che nasce e che cresce, alle quali non sono riconosciuti che doveri e lavori. Cento specie di amori nella pastorale esigente di quaranta villaggi senza campanili, ma certi della loro identità di comunità cristiane, desiderosi di Cristo e del suo perdono nella confessione, del battesimo e della preparazione necessaria; villaggi con poche persone o numerosi da essere degni di diventare da subito parrocchia, ma tutti puntigliosamente bisognosi di presenza e consigli, di attenzioni e di cura. Dice così un saggio:
"Chi ha cento specie di amori ha cento specie di dolori.
Chi ha novanta specie d'amori ha novanta specie di dolori...
Chi ha un amore ha un dolore.
Chi non ha amore non ha dolore".
L’abbiamo visto l’amore di Gianni, io e la gente di Babonde, l’abbiamo intuito il suo dolore, profondo e forte. Sappiamo da dove viene la commozione della sua voce al momento del saluto. Chi potrà ricompensare? Colui che dona gratuitamente gusta l’agro e il dolce insieme, senza potersi esimere. Ci ha promesso preghiere, la prima del mattino, del mattino di ogni giorno e crediamo che come rugiada sarà efficace. Non si pagano cento amori, tu Gianni accetta un “grazie”.