martedì, novembre 07, 2006

Altre immagini, piccole istantanee


19 ottobre 2006
La donna, quella che viene dopo sua zia.
Tornavo da Ibambi, una ventina di chilometri dalla nostra Babonde, dove avevamo cercato invano di saldare il supporto dell’ammortizzatore della Land Rover, e come capita spesso, do un passaggio a qualcuno che sulla strada chiede un aiuto. Stavolta c’è spazio per una sola persona, poiché ho caricato un centinaio di “ndele”, ossia delle “tegole” (uso questo termine per donare l’immagine, ma è tutta un’altra cosa) fabbricate con le foglie di rafia (una varietà di palma), che serviranno per aggiustare il tetto di una anziana che abita vicino a noi e non ha i soldi per pagare il trasporto del materiale.
La donna con cui facciamo la strada insieme era stata presso la famiglia di origine ed ora ritorna dal marito. “Come ti chiami”?, “Dove sei nata”?…
Faccio sempre tante domande, forse troppe, ma se non sono io ad intavolare il discorso il silenzio regna sovrano. Forse per rispetto, forse per timore, forse per prudenza.
Viste le distanze e i mezzi di trasporto, quando si va a far visita alla propria famiglia, occorre necessariamente prevedere dei tempi lunghi.
“Sono stata a riposarmi un po’ perché mio marito è vecchio e malato”.
“Sei sposata allora? ma tu sei giovane”?
“Io vengo dopo mia zia” mi risponde.
Una espressione che non capisco subito, può essere che il mio ed il suo cattivo francese non collimino bene, e che quindi cerco di farmi spiegare.
“Allora tu sei la seconda moglie”.
La poligamia poco a poco si sta riducendo, grazie al lavoro di evangelizzazione e alla visone cristiana dell’uomo e del matrimonio, ma è ancora diffusa, anche tra i credenti.
“Mio marito aveva sposato la sorella di mio padre e questa è morta senza dargli dei figli, così mio papà mi ha data a lui”.
“Ma tuo marito adesso è vecchio”?
“E’ mio papà che ha deciso così, non sono stata io a volere”
Mi stupisco che parli apertamente, non è facile, siamo quasi degli sconosciuti l’uno all’altra. Ma è anche vero che nel villaggio nulla è sconosciuto, talvolta nemmeno i pensieri più intimi. Forse per questo non ha difficoltà a raccontare.
“Hai dei figli”?
“Si, sono cinque, quattro sono ancora alla scuola”.
“Se tuo marito è vecchio, sei tu che lavori il campo per il mangiare e per tutte le altre spese”?
“Sì, lui non può più fare niente e tra poco morirà”.
E’ una conversazione breve, ma svela molte cose, soprattutto della condizione della donna, pilastro della famiglia africana e della sue economia domestica, di sussistenza, ma ancora “cosificata”, per molti aspetti trattata da merce di scambio. La dote che il marito deve pagare per avere la sposa, assume spesso la misura di una tassa soffocante: quattro maiali, cento litri di bevanda alcolica, riso, arachidi, olio, fagioli, un vestito per la suocera ed uno per il suocero… Se la dote non è ancora tutta pagata e i due vivono già insieme ed hanno dei figli, ogni occasione è buona per “trattenere” la donna presso la famiglia del papà così che un’altra tranche venga aggiunta alle precedenti. Un lutto, una festa, una malattia costringono a “dotare” la donna di qualche regalo da condurre alla casa paterna per evitare dissapori e talvolta litigi.
“Tu cercherai un altro marito”?
“No. Basta uomini. Mi tengo i figli ed è tutto”.


L'attesa di un pallone.
Siamo a Badedeka,. Se qualcuno viene da queste parti, oltrepassato il villaggio di Bamoka si prende sulla sinistra. Occorre fare attenzione ad un ponte, uno di quei piccoli ponti costruiti con delle “grume”, dei tronchi d’albero non scortecciato, costruiti artigianalmente dalla gente del posto per superare piccoli ruscelli o semplicemente per far scorrere l’acqua piovana in modo tale che non distrugga la strada o che crei enormi pantani difficili da attraversare. Bisogna montarci sopra di slancio in modo da non rimanere impiantati nel fango che gli sta giusto all’inizio, facendo attenzione a non rimbalzare di lato perché i tronchi sono in numero “giusto” appena sufficiente, non uno di meno, non uno di più. Da Babonde i chilometri sono all’incirca una ventina, su di una direzione che non ha molti sbocchi, da una parte la foresta, dall’altra Gbunzunzu e le sue “cave” per la ricerca dell’oro. Il villaggio è molto popolato e bene organizzato. Possiede una scuola primaria con tutte le sale di classe, si dice allora “ciclo completo”, e già accreditata a livello nazionale. Normalmente le scuole partono dall’iniziativa di genitori e di qualche maestro con la prima classe alla quale, in progressione, di anno in anno, si aggiungono tutte le altre fino a chiedere un numero/riconoscimento ufficiale, e quindi un salario (piccolo) da parte dello stato. Possiede anche un istituto superiore (secondario) con l’opzione pedagogica. In questi giorni gli studenti stanno ripulendo un altro pezzetto di foresta per costruire delle case ai professori che spesso vengono da altri villaggi e che non possono fare i “pendolari”. Avere una bicicletta non è da tutti e per tutte le tasche, spesso è un grosso investimento per chi comincia la strada del piccolo commercio o trasporto, e che poco a poco cercherà di ripagarla.
Sono rimasto positivamente meravigliato dall’ordine ed il decoro incontrati nella strada principale, come anche dal terreno di gioco che abitualmente fronteggia gli “edifici” scolastici. Ecco, questi mi hanno impressionato in altro senso, vedendo i buchi fatti dalle termiti nell’ufficio del direttore della scuola primaria, o quando abbiamo dovuto scacciar via capre e maiali dalle sale di classe dell’istituto secondario. Il direttore di quest’ultimo ha ordinato alla nostra falegnameria un tavolo da ufficio, uno scaffale, una lavagna per l’ultima sala di classe. Non c’è la graffite, ma con delle assi e con una apposita vernice nera, l’ardoisine, il risultato finale è buono.
Dopo la messa con inclusi i battesimi di una quarantina di catecumeni ed il matrimonio di una anziana coppia, è la festa, con le danze delle ragazze e dei bimbi, un piccolo mercatino, improvvisato all’occasione dell’assembramento di tante persone, qualche bidone di “bevanda” che circola qua e là… i pochi possessori di moto che esibiscono il loro ultimo e sofferto acquisto. Due di questi abbigliati di tutto punto, saranno gli chauffeurs della coppia di sposi. Semplicemente per fare ritorno alla casa dove la festa continuerà. Non ho ancora sentito parlare di viaggio di nozze, credo sia una tradizione inesistente. Uno dei direttori aggiunge che una buona partita di calcio sarebbe stata un degno coronamento della festa, ma la mancanza di un pallone degno del nome non ne ha permesso l’organizzazione. I ragazzi sono davvero abili nel costruire qualcosa di simile con delle vecchie palle oramai sgonfie, accartocciate con dei sacchetti di plastica, o con il caucciù estratto dalle piante e, così ho compreso, spalmato sul petto nudo in modo che una volta asciugato o essiccato il lattice, si ottenga un velo di sostanza adatta ad essere amalgamata in forma di palla. Non un solo pallone “vero” in tutto il paese. Non c’è un solo negozio nei paraggi che sia all’altezza di una di quelle piccole boutiques di Babonde. Ed anche a Babonde in una sola di queste si può essere certi di poter trovare un pallone vero, quella di Kabambi, il commerciante nande di Butembo. Ma il problema penso sia la difficoltà economica, 15 dollari sono la metà di uno stipendio d’insegnante, e altri salari nei paraggi non ci sono, tutti sono agricoltori e spesso vige ancora lo scambio in natura, per cui è difficile anche il solo avere un po’ di denaro in mano.
Mi lascio scappare la promessa di un piccolo regalo appena possibile.

La strada e la "psicologia" degli animali.
E’ dal primo viaggio fatto in motocicletta che poco a poco si impara a conoscere la psicologia degli animali. Sì perché sulla strada, che talvolta diventa pista, si incontrano e ci si “scontra” con i più comuni animali domestici. I villaggi più piccoli sono spesso una semplice serie di case allineate ai bordi della strada. L’allevamento inteso come preparazione di un luogo adatto per far nascere, nutrire e crescere gli animali praticamente non esiste. Ecco che essi circolano liberamente alla ricerca di cibo. Se il passaggio in macchina non crea problemi particolari, per chi guida, quando invece si è in moto essi diventano un pericolo grave. Studiarne la psicologia è quindi necessario per prevenirli ed evitarli, nella misura del possibile. Ma un piccolo esercizio di psicologia comparata, ossia le analogie probabili tra animale ed essere umano sarà senz’altro divertente.

“Guadagnare ad ogni costo la via di casa propria”.
Parliamo del pollo o gallina che dir si voglia, solo, in compagnia di amici o madre amorosa di una covata di pulcini. E’ l’incontro più frequente. Decisamente non sono di allevamento, allenati a sfuggire le sgrinfie e i denti di sparvieri, serpenti, cani ed altri pericolosi predatori non è raro vederli volare per decine e decine di metri, fino a dubitare che siano veramente dei semplici polli. Quando percepiscono l’arrivo della motocicletta, anche se sono ampiamente fuori traiettoria, loro unica ed assoluta preoccupazione è quella di raggiungere la propria capanna. Occorre dire così perché effettivamente durante la notte il loro riparo è condiviso con quello dei comuni umani mortali. Possono stare a destra o a sinistra del centro strada, ma quando sarebbe più comodo rimanere fermi, oppure fare un piccolo salto tra le alte erbe, iniziano una folle corsa verso l’unico cortile che solo dà sicurezza. Sgambettano, volano, starnazzano (starnazzano i polli?) e se la velocità della moto è tale da poterli affiancare, non esitano a gettarsi tra le due ruote per collocarsi dal lato giusto del loro desiderato riparo. Nel carniere ho già due prede.
E’ certamente bella e commovente la spasmodica ricerca della propria casa. E’ il posto sicuro, sono i confini certi, sono i volti amici, è la conoscenza dei dettagli. Al contrario, in altre occasioni, un luogo nuovo e sconosciuto può essere decisamente più a portata di mano e meno pericoloso. Un piccolo investimento di fiducia può ripagare ampiamente. La molta agitazione e il movimento disordinato producono traspirazione abbondante, ma non sempre regalano la salute propria degli atleti. L’azione senza la riflessione – qualcuno direbbe la potenza senza il controllo – è nulla.
Il re della strada
Non è piccola una Land Rover. Può essere che non impressioni più di tanto un pachiderma, qui non ne ho ancora visti e non credo davvero che ce ne siano, anche se qualcuno assicura di averne incontrati, di quelli piccoli, di foresta, differenti da quelli di savana. Eppure c’è un animale, domestico, e forse è questa la differenza, che non si impressiona affatto né della imponente Land Rover né della rapidità della motocicletta. Forse che, per il fatto di essere “domestico”, ha già familiarizzato con questi mezzi della tecnica? Eppure non sono certamente dei mezzi in possesso della maggior parte delle famiglie della zona. Succede infatti che ci si avvicini con grande rapidità, che si strombazzi con il clacson, che si acceleri per far sentire distintamente il rumore di qualcosa di pericoloso che si avvicina, ma… niente: l’animale resta placidamente al suo posto senza degnarsi di una mossa. E’ giusto della settimana scorsa che se ne stava comodamente immerso in una fangosa pozzanghera d’acqua al centro della strada. Penso potete immaginare in una strada sterrata, quei solchi profondi che lasciano le ruote dopo diversi passaggi. Ebbene, ci avviciniamo, cavalchiamo il solco in modo dal lascialo esattamente nel mezzo al passaggio della vettura, clacssoniamo, rallentiamo, ma nulla, nessun movimento. Alla fine decidiamo di passare comunque, “peggio per lui”. E’ solo quando gli siamo esattamente sopra che comincia a grugnire, a saltare, a seguire il veicolo da sotto cercando una via di uscita. Ci fermiamo ed eccolo uscire veloce, spaventato ma indenne. Mi sono chiesto più volte se è sordo o semplicemente si è da tempo auto-proclamato il “re della strada”. Impossibile prevederne le reazioni, se si sta muovendo rapidamente e cerchi di indovinarne la traiettoria per evitarlo con la moto, improvvisamente cambia di direzione. Se invece se ne sta immobile e passi lentamente per non disturbarlo eccolo che si spaventa ti attraversa la strada. Già due volte gli sono andato addosso, per fortuna senza conseguenze. Ah, di che animale si tratta? Avrete già capito, del maiale, di razza locale, più simile al cinghiale o di “razza migliorata” come si dice qui, ossia più grosso e simile ai nostri europei. Non importa di quale taglia sia, né di quale grandezza d’età, si comporta sempre allo stesso modo. E’ “re” o “sordo” a partire dal patrimonio genetico. Non cambierà e rischierà di fare molti danni, o al contrario di finire prematuramente nella pentola. Se “re”, sulla strada, piuttosto che governare, ha invece bisogno di qualcuno che pensi per lui, che cerchi di prevedere i suoi movimenti per non fare e non farsi del male. Se “sordo” là dove c’è il difetto di un senso gli sarebbe necessario sviluppare gli altri almeno quello della vista. In ogni caso non lo aiuta il procedere a testa bassa e l’essere permanentemente preoccupato di riempire il ventre. Nel momento del riposo cerca il fango delle pozze d’acqua, evitando la fatica di un luogo più tranquillo anche se più lontano. La forza non gli manca, ma non è disposto ad usarla per fini che non siano i suoi stretti interessi, è grosso abbastanza ma sbaglia quando persevera a pensarsi il “più grosso”.
La psicologia di questo presunto “re della strada” potrà avere somiglianze con qualcuno degli umani?

martedì, ottobre 10, 2006

Immagini


Isiro
Martedì 10 ottobre 2006

Siamo ad Isiro. L’internet da alcune settimane funziona anche qui. E’ una città originale Isiro. Si attraversano più volte le rotaie a scartamento ridotto di quella che fu la ferrovia ma che da decenni non vede più passare un treno e rimane solo come impiccio alla circolazione. Una vecchia pista per aerei è ora campo coltivato, la vecchia fabbrica della birra, un grande complesso abbandonato.
Il presidente Kabila durante la campagna elettorale ha fatto dono di un enorme gruppo elettrogeno per fornire la corrente elettrica dalle 18.00 alle 21.00. Anche questa mancava da decenni. Tra alcune settimane ci saranno nuovamente le elezioni, il secondo turno che vedrà Joseph Kabila, vincente all’Est del paese ma non nella capitale, contrapposto a Jean Pierre Bemba, vincente nella capitale ma non all’Est. A Kinshasa hanno conosciuto le armi di liberazione di Kabila e non lo possono votare. All’Est hanno conosciuto la ribellione e il cannibalismo dei soldati di Bemba e non lo possono votare. Si dice che talvolta occorre scegliere il male minore, e questo credo sia il caso. Per tornare ad Isiro, l’acqua dell’acquedotto funziona qualche ora al giorno. In compenso il nuovo aeroporto ha una delle piste di atterraggio migliori del Congo, costruito dagli americani al tempo in cui erano amici con il colonnello/dittatore Mobutu, in una zona strategica nel cuore dell’Africa. Qualche chilometro di strada asfaltata lo si ritrova appunto uscendo dall’aeroporto. Ad Isiro si riescono a trovare tutte quelle cose che in “brusse” non ci sono. Pezzi di ricambio per la macchina, attrezzi, medicine, libri scolastici arrivati da Kisangani per aereo, e quelli arrivati dall’Europa con altro materiale (GRAZIE), Bibbie, cavo elettrico, diodi per i pannelli solari, uno stampo per fabbricare i blocchi di cemento, latte in polvere (non solo Nestle), un vasetto di marmellata per fare un piccolo dono alle suore. Quando arriva una lettera, un piccolo regalo, il pensiero di qualcuno, è sempre salutato con molto calore. C’è una università, con l’immancabile pedagogia, ma anche tre anni per infermieri specializzati ed alcune altre facoltà.
Numerose sono anche le “maison d’achat des diamants”, per acquistare oro e diamanti provenienti dai cercatori dell’interno. Una di queste case porta il nome “Paix du Crist”, la pace di Cristo. La religione non è mai un fatto privato. Come nessuna altra cosa, soprattutto nei piccolo villaggi. Ma l’abuso è spesso a portata di mano, usata come specchietto per le allodole, per fare cassa. Altre volte semplicemente ci si affida a Dio, per la salute come per gli affari. Dall’interno, in queste ultime settimane, specialmente da un paio di zone dei nostri villaggi dove si scava per cercare l’oro, sta venendo anche la peste polmonare, frutto della sporcizia mescolata all’alimentazione e ai topi. Trasmessa per via aerea può diventare pericolosa. E già vi è un forte viavai di medici locali e dell’O.M.S. per fronteggiare e prevenire quella che potrebbe divenire una crisi sanitaria. Cominciano già ad affluire i medicinali adatti e se la malattia è presa in tempo può essere curata in modo opportuno.
Oggi siamo stati in casa dei padri comboniani, il nostro intento, poiché hanno un garage fornitissimo ed una officina, era di prendere una guarnizione per la testa motore della Land Rover. Scopriamo che oggi è la festa di Daniele Comboni, loro fondatore e grande missionario in Africa. E’ ottobre ed è mese dedicato alla missione nella vita pastorale della Chiesa. Beh, una preghiera particolare non è vietata a nessuno. Ciao.

Mongotu

Ciao, a tutti
Approfitto del collegamento internet per inviare qualche riga da Babonde
questa singolare porzione di mondo, immersa nella foresta equatoriale
congolese. Utilizzo la vecchia rubrica di indirizzi, non più aggiornata. A
qualcuno che ha cambiato mail questa lettera non arriverà, a qualcun altro
arriverà inopportuna poichè la sua casella di posta si trova presente nella
mia rubrica per altri motivi, in seguito a chissà quale contatto: chiedo
scusa.
Fanno oramai sei mesi che ho raggiunto questo villaggio e tento qualche
riflessione,
non un bilancio, poichè sento che sarà ancora forzosamente lungo il periodo
di inserimento: la differenza di clima, lingua, cultura, ritmi, è bellezza
da scoprire ed ostacolo da superare.
Studente poco recettivo di lingua swahili, mai come in questo periodo sento
quanto sia forte la potenza della parola per entrare in contatto, per
accogliere, ascoltando, e per comunicare. E' quando qualcosa ti manca che ne
comprendi meglio il valore. In questo periodo sperimento appunto la
difficoltà del comunicare, dell'esprimersi con spontaneità. Colgo sotto una
luce diverso il fatto che Gesù Cristo si è definito lui stesso la Parola. Se
una Parola ti cerca, ti raggiunge
e la puoi comprendere, se una Parola riesce a toccare il profondo del cuore,
in quel momento si schiude un mondo, si spalanca una porta che annulla
possibili
solitudini, cancella la paura di ciò che è temuto perchè ancora sconosciuto.
E' bello sapere che in Gesù Cristo la Parola si è fatta carne
per farsi pienamente comprensibile a noi uomini
e che egli ha voluto inviare uomini ad annunciare la Parola.
Questo tempo è anche un tempo propizio per cogliere l'importanza della
"presenza", dello "stare", indipendentemente dalle parole che si possono
spendere, dalle azioni che si possono fare.
Beh non non voglio continuare con pensieri di spiritualità, anche se occorre
confessare che senza il pane quotidiano dello spirito, dell'animo, la
povertà e il limite della nostra umanità si fanno poco sopportabili. Voglio
invece, come chi scatta delle fotografie cogliere e conservare qualche
immagine tra quelle che mi passano davanti agli occhi.

I figli, ricchezza di ogni casa.
Assieme alla vegetazione esuberante sono i bimbi una delle realtà che
colpiscono un occhio occidentale. Non può passare inosservato il numero, per
ciascuna famiglia una media di
otto. E' la gioia e il colore, la curiosità e lo stupore che come d'incanto
esce fuori dai cortili ogni qualvolta qualcosa di nuovo compare al
villaggio, lungo la strada, o nelle sere di luna piena attorno al fuoco e ai
tamburi. Qualcuno ha detto, un pò scherzando che nella disastrosa situazione
economica e politica del Congo, quella dei figli è l'unica fabbrica che
funziona. "Come frecce nella faretra di un eroe, sono i figli": così canta
il salmo. E certamente sono una benedizione, sono cercati e amati, anche se
al momento
di inviarli a scuola e per altre necessità, come le cure mediche e
il vestire, il numero incide negativamente sulle magre finanze. I
piccoli da lontano vengono correndo per salutare e stringere la mano, non
hanno timore, amano farsi coccolare. Aiutano nei lavoro del campo, nella
"servitù" dell'acqua e della legna da procurare quotidianamente, a partire
da distanze accettabili talvolta, altre volte un pò meno ragionevoli. E'
difficile capire di chi siano veramente, poichè chiamano "fratelli" i
cugini, padre e madre cadetto o
madre
e padre primogenito quelli che noi chiamiamo zii.
Fratelli sono anche altri figli della stessa famiglia allargata, o quelli
che dai
villaggi
più interni vengono ed abitano nella casa dei parenti in un villaggio più
grande per
proseguire gli studi, così da ritrovarsi ad avere una madre che ha generato
ed un'altra che ha nutrito.
C'è da guardare meravigliati la solidarietà che stringe insieme una
famiglia, che mai è famiglia nucleare (è una espressione strana questa, in
questi giorni di rinnovati dissidi militari suona quasi pericolosa), che
sempre è risorsa in un ambiente ostile, anche se con qualche aspetto
negativo quando qualche "parassita" in nome della famiglia vive sulle spalle
del fratello più intraprendente o laborioso o fortunato. Tutti hanno
qualcuno della famiglia a Wamba (città di riferimento per quelli di lingua
swahili) o a Isiro (città del commercio locale dell'università e
dell'aereoporto) o a Kisangani (capoluogo della regione).

La strada.
Oggi domenica 8 ottobre è veramente da raccontare. Le sf...fortune vengono
tutte inseme? se Si! per un pò di tempo dovrei stare tranquillo. Partiamo
stamattina per raggiungere Isiro e prendere finalmente la "boite de
transfer" pezzo importante e costo per la Land Rover, in modo da avere la
4x4 e le riduzioni di velocità davvero necessarie per non distruggere altri
pezzi della macchina quando ci si trova nel fango. Rimaniamo impiantati.
Nulla di grave, pala e piccone risolvono velocemente il problema, ma in
contemporanea "panne" della pompa di alimentazione. Siamo bloccati. A piedi
raggiungo il centro vicino e cerco una motocicletta per raggiungere la città
e vedere come risolvere la faccenda. Dapprima alcuni giovani propongono un
prezzo assurdo per trasportarmi e spargono la voce dimodo che tutti chiedano
la stessa cifra. Infine un medico dell'ospedale mi offre la sua moto. Dio
sia lodato. Una medaglia ha sempre due facce. Dopo alcuni chilometri
pioggia, come si è soliti vedere da queste parti. Dire che è abbondante è un
eufemismo. Mi fermo attendo. Al momento di ripartire la "candela" fa le
bizze e ovviamente il kit pronto soccorso non c'è al suo posto. Cerchiamo un
riparatore, spingendo per qualche chilometro (anche in salita), che non ha
la chiave adatta. Fermiamo una moto di passaggio e risolviamo la faccenda.
E' il direttore responsabile di tutte le scuole primarie della zona e
propone di fare la strada insieme fino alla città ancora trenta chilometri,
ci vorranno tre ore, con il fango e il buio che si avvicina. Rimango
nell'acqua e nel fango fino al ginocchio. Il mio abbigliamento non è da
moto, sono fradicio e i sandali rimangono impigliati nella melma della pozza
d'acqua. Devo prima liberarmi i piedi per uscire e poi recuperarli con le
mani; in due (le facce della medaglia...) spingiamo fuori la moto, da solo
non ce l'avrei fatta. Siamo infine arrivati, sfiniti per il cross acquatico
sopportato, ma bene. Siamo ospiti, come d'abitudine, dai padri della
Consolata. Il tempo di depositare la moto e un cane che è già di guardia al
cortile, vista l'ora, mi azzanna senza nulla dire senza nulla aggiungere,
pardon, senza abbaiare, e tutti sanno, can che abbaia non morde! ebbene ora
posso dire che il contrario è perfettamente vero. Il pantalone robusto e la
non perfetta convinzione del cane nel saltarmi addosso, mi salvano in parte.
In compenso l'ospitalità sarà perfetta, copresi abiti asciutti. Per contro
nostro autista dovrà passare la notte sulla strada per vegliare sulla
vettura.
Al di là della piccola vicenda simile a molte altre e di tutti coloro che
viaggiano o che commerciano, la penosa condizione delle stade congolesi e
delle comunicazioni è una piaga aperta che rende il grande paese, otto volte
l'Italia, ancora più vasto, e rende la foresta con i villaggi che contiene,
ancora più impenetrabile. Tutto costa enormemente a causa del trasporto. Le
biciclette sono il mezzo più utilizzato con carichi impressionanti per i
volumi e per il peso. Nei villaggi ci sono i "posti di salute"; nei villaggi
un pò più organizzati ci sono i "centri di salute"; nel villaggio di
riferimento per una collettività (tribù) c'è un ospedale di zona; ad Isiro e
Wamba c'è un ospedale con qualcosa degno del nome, per quanto noi siamo
soliti associare ad un ospedale. Ma chi potrà viaggiare tanto, e chi potrà
raggiungere Butembo, Kisangani o Kinshasa? C'è solo da pregare di star bene.

Avevo pensato di scrivere qualcosa d'altro, descrivere qualche altra
istantanea. Ho le immagini davanti a me, ma vedo che il tempo sfugge, così
ve li annunzio soltanto, sarà per me una sorta di promessa da mantenere.

La donna, quella che viene dopo sua zia.

L'oro e la peste, i nuovi ricchi.
Come tutti sanno il Congo è definito uno "scandalo geologico" per la
ricchezza enorme di risorse del sottosuolo. Per ritornare tristemente al
nucleare è nel Congo che è è stato estratto l'uranio per costruire le bombe
di Hiroshima e Nagasaki. E' dal Congo che proviene la più grande quantità
del Coltano il materiale che serve a fabbricare le sempre più resistenti e
potenti batterie dei telefonini e per la componentistica informatica e
spaziale. Ma senza andare tanto lontano e per restare ai classici materiali
preziosi, ossia oro e diamanti è sufficente fare qualche chilometro, una
trentina, da Babonde per potersi dedicare ad una ricerca. Proficua? Lo scavo
è fatto a mano, pala piccone, barra di ferro, setaccio. Qualcuno ha fortuna,
molti giovani tentano la sorte per uscire dallo scontato destino di
agricoltori del campo per una economia di sussistenza. Nel villaggio vengono
chiamati i "nuovi ricchi" quelli che arrivano a comperarsi una motocicletta,
qui è famosa la Senke di fabbricazione cinese. Sono sufficienti all'incirca
700 $ per acquistarla. E' oggi una sorta di status simbol. Per i villaggi
limitrofi l'arrivo di persone nuove dal di fuori che devono acquistare il
cibo e hanno dei soldi è diventato proficuo anche se i prezzi sono
aumentati. Non si può lavorare per molto tempo nella "miniera", il fisico
non regge. Fino ad oggi il pericolo è stato la tubercolosi e un pò di Aids,
fortunatamente poco diffuso. Ma in queste settimane è una impressionante
serie di decessi, che colpisce persone giovani ad avere allarmato il
personale sanitario. Si tratta di peste polmonare. Si sono affacciate le
organizazioni internazionali l'O.M.S. per tamponare immediatamente il
problema. Sarà soprattutto l'informazione lo strumento strategico per la
prevenzione, poichè d'abitudine si ricorre all'ospedale solamente quando si
è alla fine e non c'è più rimedio, questo succede per questo tipo di
malattia come per altri. Al contrario i medicinali per curare la peste ci
sono e stanno arrivando. Per ora sono gratuiti per i malati conclamati ma lo
saranno prossimamente anche per i familiari, appunto per una prevenzione
efficace. Se devo essere sincero di veri nuovi ricchi, non ne vedo molti,
forse altrove, per quelli che vengono da fuori a comperare e rivendere le
pagliuzze o le pepite d'oro.

L'attesa di un pallone.

La musica e la danza.

La strada e la "psicologia" degli animali.

Vi saluto con l'immagine di un animaletto simpatico e strano. Ha gli occhi
spalancati di chi curioso vede tutto nuovo intorno a sè. E' infatti un
animale notturno della foresta. Qui è chiamato Mongotu che nella lingua
Lika, il dialetto della tribù di Babonde, significa all'incirca "quello che
non molla". Potete infatti vedere bene di qual tipo di zampe è dotato. La
sua presa è irresitibile. I pigmei dicono che se, ferito a morte, si
aggrappa ad un ramo, una volta morto occorre tagliare la zampa per
staccarlo: non molla!
Beh è una sorta di augurio per tutti coloro che hanno un progetto da
realizzare, che hanno una chiamata a cui rispondere.
Ciao, p. Renzo.

Fa oramai molto tempo fa

Sabato 12 agosto 2006

E’ agosto, è ferragosto, ma noi siamo in piena stagione di pioggia, anche se il peggio si manifesta a ottobre. Davvero devo sforzarmi un poco per immaginare l’agosto italiano, ferie, sole, caldo impossibile, il ferragosto… Il 15 sarà giorno feriale, lavorativo come tutti gli altri. Pioggia, motocicletta, fango e fretta sono degli ingredienti che non stanno bene insieme. Oggi ne faccio esperienza. La trappola è sempre in agguato, senza conseguenze particolari se non l’esperienza da mettere nel bagaglio, acquistata stavolta ad un prezzo non troppo elevato, direi a buon mercato.

mercoledì 9 agosto 2006

Siamo ad agosto inoltrato ed è tempo di scrivere qualcosa. Sono state settimane intense: l’arrivo degli operai per continuare la costruzione della chiesa di Gbunzunzu ci ha costretti a cambiare ritmo, nel senso che occorre rifornirli di materiale attraverso la vecchia Land Rover che utilizziamo oramai come un piccolo camioncino. Mangia carburante e olio-motore a volontà, ma funziona! Vista la mancanza orami cronica di planche ossia di assi di legno da lavorare, noi stessi siamo ne siamo diventati produttori, almeno per il momento, beneficiando di una motosega e di una persona esperta venuta da Wamba, superando qualche difficoltà con i capi villaggio per ottenere il permesso necessario. Per contro il carburante tarda ad arrivare, per cui ovviamo inviando dei kumba kumba – trasportatori di materiale di ogni genere in bicicletta – a Isiro. Ci costa caro ma almeno non restiamo bloccati. I kumba kumba trasportano fino a 100/120 kg di materiale, spingendo spesso a mano il loro carico nei frequenti tratti in salita.
Stamattina usciamo assieme ai due confratelli e ad un altro seminarista di Babonde in stage con due motociclette, sotto la pioggia, per Fungula, il vicino villaggio. Celebriamo la Messa, visitiamo i malati, parliamo con i catechisti…ne approfitto per prendere alcune informazioni sulla sanità, la scuola. Mi impressionano alcuni numeri. La scuola primaria ad inizio anno ha avuto 390 iscritti, ma solo 200 hanno terminato regolarmente. E’ una scuola riconosciuta ma non “meccanizzata”, ossia non riceve alcun aiuto dallo stato, né per la struttura, costruita in materiale identico a quello per le capanne (poto poto), né per la didattica, né per il salario degli insegnanti. Quindi, sta alle famiglie il provvedere al tutto. Ecco che, se in molti cominciano, durante l’anno, buona parte di essi sono forzati al “ritiro” per mancanza di mezzi. Il direttore mi mette al corrente che una ventina di orfani erano sostenuti dal p. Gianni, ora costretto a curarsi in Italia in seguito ad un incidente in motocicletta. L’aiuto era possibile grazie anche ad una associazione “La Rete Radiè Resch”. Per mezzo della stessa associazione la cosa potrà senz’altro continuare. Molti di questi bimbi e bimbe mostrano un grande interesse per la scuola. E’ simpatico notare questa costante: chi proporzionalmente più è in difficoltà, più dimostra interesse e capacità.
Lo stesso direttore aveva avviato un istituto secondario, le nostre scuole superiori per intenderci, dopo i sei anni di scuola primaria, ma ha dovuto rinunciare per mancanza di insegnanti qualificati. Anche gli insegnanti delle scuole primarie sono spesso persone che hanno terminato i primi quattro anni delle scuole secondarie e la qualità dell’insieme ne risente abbondantemente.

Domenica 30 luglio 2006
Scrivo tranquillamente nella notte silenziosa di Babonde. Apparentemente nulla di differente dalle altre notti, se non che è trascorso oggi un giorno storico per la nazione congolese, ossia la giornata delle prime “elezioni libere, democratiche e trasparenti” dopo 40 anni. L’incredibile è che è tutto vero… per molti versi impensabili in questo immenso Congo.
Per molti un giorno di festa, dopo quasi 6 anni di “transizione”, che potranno portare fuori dal pantano la nazione, donandogli un presidente ed un parlamento legittimamente eletti, e non sedutisi al potere dopo averlo preso con la forza. Questa è l’attesa di tutti. Tutto il processo è ancora in corso, la buona volontà e le persone di buona volontà non mancano.

domenica, luglio 16, 2006

Incontro di povertà


Mercoledì 28 giugno 2006
Viaggio a Isiro, sarà incontro di persone, di commercianti per gli acquisti da fare, di ritorno alla “città” dopo tre mesi di “brusse”. Ottanta chilometri per cinque ore di viaggio senza intoppi, che riescono a fare la differenza, molti degli abitanti di Babonde, Isiro non l’hanno mai vista. Oggi questa Isiro mi appare come una città vera, con la possibilità di usare il telefono cellulare, un aeroporto, dei negozi dove si può trovare quasi tutto quello che si cerca: dei rubinetti, del nastro isolante, un vetro per la vettura, dei cacciaviti, delle lampade al neon, un passino, i chiodi e una pialla per la falegnameria… confesso che quando sono arrivato non mi aveva affatto donato l’idea di una città, quanto di un grosso villaggio, ma ora la mia prospettiva è cambiata, non provengo più dall’Italia e da Kisangani, ma da Babonde. Cambiare prospettiva fa cambiare il gusto a molte cose. Viaggio ad Isiro: sarà anche un avvicinamento di povertà… più sfiorate che incontrate.Da Babonde partiamo con la suora infermiera che recupererà dei medicinali, e un poveraccio che da qualche mese staziona all’ospedaletto di qui, la sua malattia ora, dopo aver curato la tubercolosi contratta mentre cercava oro a qualche decina di chilometri di distanza, è piuttosto la solitudine. A giorni alterni è alla missione per un po’ di riso e qualche piccolo aiuto. Cercherà ad Isiro qualcuno della sua famiglia, senza trovarlo, questo era il risultato della ricerca al termine del primo giorno. A partire dall’indomani non lo vedremo più, avrà finalmente rintracciato qualcuno o una soluzione estemporanea? Un pezzo della sua famiglia o una prosecuzione di viaggio verso Kisangani la sua città? Ad Ibambi, recuperiamo fr. Egide, e De S., un belga che vive qui da più di quarant’anni, ha una piantagione di caffè. Viene con noi ad Isiro per pagare le tasse, anche queste“trattabili” come tutte le altre mercanzie; anche lui ne approfitta per fare qualche spesa, per acquistare i pezzi di ricambio della sua auto in panne e per piazzare il caffè prodotto. Lo accompagna messieur “Oui”, un suo ragazzo fidato che ha però il difetto, secondo il mio modesto avviso, di rispondere sempre “si” ogni volta che viene interpellato da messieur Jean De S… gli è pagato il lavoro che fa, ma ci aggiunge gratis di suo, un pò troppa compiacenza. Ad Isiro avremo l’occasione di acquistare una morsa, ci serve per alcuni lavori e la nostra vecchia è oramai inservibile. I negozi, uno accostato all’altro, nelle strade che formano il “centro commerciale” della città, sono chiamati “boutique”, mi suona un po’ buffo, per locali di 3 x 3 metri, stracarichi di mercanzie. Al termine boutique ho sempre associato una immagine di eleganza e di finezza, ma ora, mentre i gomiti sono già appoggiati al bancone, il secondo piede è ancora fuori della porta. Anche “centro commerciale” risulta un pò stonato con quello che si vede, ma tant’è, è la sostanza che conta. Le boutique hanno infatti una loro invidiabile efficienza. Se cerchi un articolo che il negoziante non ha, appena fuori della porta altri uomini sono in ascolto e provvedono all’istante a recuperare la merce, ecco allora che ci si trova immersi in due, quattro trattative contemporanee. E’ così che, mentre stiamo ripartendo si presenta un uomo a vendere la “sua” morsa, nel senso che è la morsa con la quale lavora, produce dei secchi d ferro che i figli vanno a vendere al mercato o appunto al centro commerciale. Sapendo che è la morsa con la quale lavora – ma non guadagna – vorrei non comperarla, ma insiste, l’ha già staccata e condotta a noi. E’ tempo di esami e per poterli sostenere, gli studenti devono essere in regola con i pagamenti della quota mensile dovuta agli insegnanti, poiché lo stato li paga appena una miseria. Ecco che quest’uomo ha assolutamente bisogno di realizzare all’istante un po’ di denaro per le necessità immediate e le spese scolastiche dei figli. Stavolta non tratto sul prezzo che propone, pago la quota intera, ma con un amaro in bocca.Nel viaggio conduce la Land Rover il nostro meccanico ed autista. Lo stato penoso delle strade e la condizione del nostro veicolo, per il momento senza 4x4, non ci permette di rischiare, ogni viaggio è una avventura con pericoli reali. Sulla strada del ritorno il fango ci farà da trappola, ma con l’aiuto di alcuni uomini e di una pala riusciremo a liberarci in fretta. Siamo in sette, con i bagagli, e dico di no ad un papà che mi chiede un passaggio per una sua parente, dovrebbe andare fino all’ospedale di Pawa. Siamo già in troppi. Anche se a stringerci o piazzando meglio i bagagli ci sarebbe stata…scopro dopo che si trattava solo di una trentina di chilometri, un piccola fatica che avremmo potuto fare agevolmente. Una situazione identica al momento del ritorno, nel primissimo pomeriggio, quando si presenta una mamma con il suo bambino di forse un anno, per chiedere un passaggio fino a Babonde. Stavolta siamo davvero stracarichi ed è impossibile farcela stare, anche se mi parla di qualcuno all’ospedale che lei deve assolutamente visitare. Già nel mattino era appunto venuta per chiedere il passaggio e, vista l’impossibilità, aveva scritto e consegnato una lettera per la sua famiglia, ma per forzare un po’ la mano si era poi presentata con i fagotti e il bimbo pronti per il viaggio.E’ venerdì, è il giorno del Sacro Cuore di Gesù, celebrazione dell’Amore, ad Ibambi con i nostri confratelli faremo un po’ di festa, ci sarà del vino a tavola e il dolce, ma mi pesano i “no” pronunciati, pesa la superficialità nello sfiorare le povertà piuttosto che incontrarle, pesa l’impotenza del non riuscire a dare risposta a colui che chiede, pesa il sospetto che non tutti i poveri siano poveri, ma che ci sia qualcuno, profittatore, dal quale doversi difendere. Porterà il Signore anche questo peso? Il Signore porterà anche questo peso!

martedì, luglio 11, 2006

Loro lo sanno!


Venerdì 09.06.2006 Le persone qui sono molto religiose e le celebrazioni nella liturgia sono molto belle e vivaci anche se un pò lunghe per le mie abitudini. C'è un senso di fede profondo, una grande fiducia in Dio, quella fiducia che noi siamo piuttosto abituati ad avere in noi stessi e nella tecnica, ma che a ben guardare non rassicura poi così tanto.Ieri siamo passati in mezzo alle case dei poveri del villaggio, nel senso che la missione ha costruito alcune case per coloro (pochi) che non hanno famiglia, qualche vedova e qualche persona con handicap. E' straordinario constatare come sia presente in essi la quella gioia non banale nè passeggera, pur nelle condizioni estreme di vita. La gioia è sul volto dei poveri perché sono benedetti da Dio, come tutti gli uomini d'altronde, ma essi "lo sanno", è questo il loro vantaggio, e non cercano altrove quello che hanno avuto e scoperto per "grazia".

giovedì, luglio 06, 2006

Bamoka


Domenica 4 giugno 2006
Bamoka
Stamattina celebrazione dell’Eucaristia a Bamoka. Mi accompagna il confratello fr. Egide, io celebro la Messa e lui predica e mi fa vedere “come si fa”. Il villaggio non è molto lontano, una dozzina di chilometri che percorriamo con la motocicletta. E’ giornata di mercato a Babonde, il centro più grosso, di riferimento, per cui i cristiani alla messa non sono molti, comunque più di 150, la chiesa è appena sufficiente oggi, a loro piacerebbe ingrandirla per permettere ad un numero più grande di cristiani di partecipare. I catechisti sono 4, con un consiglio pastorale. Sentono forte l’isolamento e l’impossibilità di poter sviluppare qualsiasi cosa a causa della mancanza di strade, di sicurezza, di accompagnamento da parte delle autorità. Quasi mai è certo che un progetto iniziato possa tranquillamente raggiungere il suo fine. Unico lavoro è l’agricoltura, si può anche produrre bene, ma per vendere dove?… trasportando la merce come? Per arrivare a Bamoka ci sono diversi saliscendi, e piccoli ruscelli da attraversare. Con dei tronchi di legno si costruiscono piccoli ponticelli sufficienti per far passare una vettura, anche se l’unica a passare di qui in qualche rara occasione è quella della missione di Babonde. Ora uno di questi ponti è da risistemare, alcuni tronchi non reggono più. La comunità cristiana è pronta a fare il lavoro, ma teme di scavalcare l’autorità del capo villaggio, al quale spettano simili decisioni, che tardano a venire. Occorrerà incontrarlo e suggerirgli la decisione da prendere. Il mercato di Babonde, due volte per mese, è luogo di incontri, di scambi, di raccolta di informazioni.
Parlo loro di internet, ma è solo un’altra tessera mancante di quel mosaico di cose che qui forse non vedranno mai. Pensano all’Europa come al paese dove tutto sicuramente è più felice, facile, a portata di mano. Posso loro dire che sicuramente ci sono molte più cose ma non necessariamente molta più felicità… Ogni uomo, ovunque, è alla ricerca di quello che non ha, e sempre gli manca qualcosa… che stia cercando nella giusta direzione? Migliorare le proprie condizioni di vita è senz’altro buona cosa, un debito che abbiamo nei confronti dei doni di intelligenza ricevuti. Ma non è ancora l’acqua viva che disseta. Oggi è Pentecoste, il dono dello Spirito permette a popoli differenti di comprendere l’unico linguaggio di un amore ferito ma vittorioso, esigente ma contagioso, che chiede la lotta, soprattutto interiore ma dona la pace.
BambiniIl 29 marzo, in occasione della conferenza stampa settimanale a Kinshasa, Danielle Barrot, responsabile della sezione della protezione del bambino della Monuc, ha denunciato "dei casi di nuovo reclutamento di bambini soldato, di maltrattamenti, di soprusi, di arresti e detenzione illegale nei riguardi dei bambini usciti dalle forze o gruppi armati". Sul piano mondiale, la RDCongo è uno dei sette paesi più toccati dal fenomeno dei bambini soldato. Si stima che, in RDCongo e dal 1998, almeno 30 000 ragazze e ragazzi di meno di 18 anni siano stati reclutati, con la forza o volontariamente, in gruppi armati. Erano così esposti alle ostilità, al lavoro forzato o alla schiavitù sessuale. Attualmente, più di 16 800 ex bambini soldato sono entrati nel programma di smobilitazione e reinserimento in corso. La Sig.ra Barrot si è detta soddisfatta della prima condanna, il 17 marzo scorso, di un individuo accusato di reclutamento di bambini. Si tratta del comandante Jean Pierre Biyoyo, condannato a cinque anni di prigione dal tribunale militare di guarnigione di Bukavu, capoluogo della provincia del Sud Kivu, alla frontiera con il Ruanda, per arresto arbitrario e detenzione illegale di bambini che avevano già lasciato dei gruppi armati.
Veronica
Mi sembra bello diffondere una lettera/storia raccontata da un’amica, Claudia, laica missionaria in Kenya per tre anni.
Veronica: è stata lei quest’anno ad aiutarmi ad entrare un pò più in profondità nel mistero della Pasqua e che sta cercando di aiutarmi a viverlo.
È lei il Gesù che soffre, umiliato e dimenticato da chi gli è vicino, dagli stessi che egli ama e per i quali dà la vita.
Ed è lei che mi aiuta ad allargare lo sguardo, a vedere e ad amare non solo i poveri che voglio vedere ed amare io.
È lei che mi aiuta a credere e a sperare nella Risurrezione, che mi insegna che Gesù è morto e risorto per ogni uomo e per tutta la creazione.

È stata la mamma ad accompagnarla un mese fa in una delle cliniche dove lo staff del Progetto per le Persone con Disabilità incontra regolarmente i disabili della zona (di fatto si tratta del cortile esterno di una scuola elementare).
Veronica è stata accompagnata perché ha più di quattro anni ma non cammina e non si regge in piedi. In realtà basta poco ai colleghi per capire che uno dei suoi problemi principali è la denutrizione.
Viene dato alla mamma qualche consiglio sull’alimentazione e qualche indicazione sulle parallele da costruire con dei pezzi di legno per aiutarla a reggersi e magari, piano piano, a muovere qualche passo.
Decidiamo di accompagnarla a casa per vedere dove abita, per sapere come raggiungerla nel caso non venisse più riaccompagnata alla clinica.
Ci sono altri bambini che girano in quella che è difficile definire casa tanto è piccola, spoglia, povera.
Scopriamo che questa donna ha avuto 10 figli. Molti sono sposati o comunque fuori casa ma una delle figlie, Mary, dopo una lite con la nuova famiglia, decide di ritornare a casa con i suoi due figli, l’ultimo dei quali ha poco più di 3 mesi.
Arriviamo nella casa nel primo pomeriggio ma non c’è neppure il fuoco preparato perché non c’è niente da cucinare. I bambini sono sporchi e pieni di pulci penetranti.
Ma siamo tutti sconcertati e preoccupati per Veronica, per la sua alimentazione, per la sua igiene, per la sua crescita…

Siamo ritornati più volte a trovarla, a vedere come andava, a controllare se le due donne di casa (mamma e sorella maggiore) stavano collaborando con i volontari della zona che si stanno dando da fare per aiutare Veronica: qualcuno si è reso disponibile a dare alla piccola della frutta; qualcuno una tazza di latte al giorno; qualcun altro un uovo al giorno…
Alla famiglia viene chiesto solo di accompagnare la piccola in paese che è proprio lì vicino ma sembra che non ci sia molta collaborazione da parte loro.
Spesso la mamma non è in casa e né lei né la figlia maggiore portano Veronica a prendere il cibo.

Facile chiedersi come sia possibile… Facile arrabbiarsi… Facile pensare di portar via la bambina o di portare noi quanto serve… Facile anche aver voglia di mollare tutto …

Un giorno il marito di Mary dopo un lungo silenzio si presenta a casa e, arrabbiato per la situazione nella quale trova i figli, decide di portarsi via il più grandicello.
Mary sembra avere qualche problema mentale e non ci sembra molto in grado di badare neppure a se stessa per cui pensiamo che la nonna paterna ed il padre possano essere la soluzione migliore per il piccolo e poi rimane una bocca in meno da sfamare e forse un po’ di attenzione in più per Veronica.

Ma Gesù sulla croce non si è dimenticato di nessuno, neppure dei due ladroni che aveva al suo fianco e di tutti coloro che – ai piedi della croce – “non sanno quello che fanno”.
E nella sua sofferenza massima, prima di morire, ha affidato Maria a Giovanni e lui a Maria.
Quasi a ricordarci di avere uno sguardo ampio davanti alla vita e alla morte, davanti alla sofferenza, davanti all’umanità intera; ad insegnarci a non scegliere noi i poveri, i piccoli, i sofferenti; a non decidere noi chi ha più bisogno di amore…

Veronica è fragile, denutrita, forse anche malata ma non posso essere cieca e sorda davanti alla povertà di Mary che non ha saputo costruire una famiglia, che dopo aver perso il marito ora ha perso anche un figlio e che sa di essere rimasta con l’altro solo perché ancora troppo piccolo.
E non posso non pensare alla fatica di questa mamma, alla sua preoccupazione e sofferenza per tutto quanto sta accadendo.
Questa mattina le abbiamo fatto vedere una foto di lei e Veronica. Ha abbassato la testa e ci ha detto che non riesce a vederla: ha un problema agli occhi e ce l’aveva detto quel giorno in cui l’abbiamo incontrata ma poi… noi abbiamo scelto di pensare e preoccuparci solo di Veronica.
È facile e malvagio giudicare senza sapere, senza conoscere, senza cercare di capire, senza amare.
Ed il giudizio chiude gli occhi del cuore e ci fa dimenticare il bene, il buono.

Come è possibile pensare che questa madre non abbia a cuore la salute dei suoi figli e dimenticare che è stata proprio lei a portare a piedi la bambina alla clinica, a gridare il suo bisogno di aiuto, a chiedere di aiutarla a prendersi cura della sua piccola???

Oggi ho capito che fintantoché sarò io a decidere chi è povero e chi non lo è, a scegliere chi amare e come amare, per me non è ancora la Risurrezione.

Veronica ci ha portato alla sua famiglia e ci chiede di prendercene cura come Gesù ci ha portato a guardare e ad abbracciare la sofferenza, la fatica e la speranza, la morte e la Vita Nuova non solo di quelli che scegliamo noi ma di tutta l’umanità.

« Così dice il Signore Dio:
… darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro;
toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne » (Ez 11,19)

mercoledì, maggio 24, 2006

Tutto insieme

21 maggio 2006
“Lo straniero non porta con sé la sua casa”

Ed è per questo che ha bisogno di ospitalità, di accoglienza, di…
E’ ancora per questo motivo che pian piano comincia a costruire una sua nuova casa, con l’aiuto dei nuovi vicini. Ma a ben guardare non è una nuova casa quella che sta costruendo, e a ben guardare non è ormai vecchio l’edificio che ha abbandonato, e non sono solamente i nuovi vicini coloro che lo stanno sostenendo, altri sono al suo fianco. A ben guardare sta soltanto allargando lo spazio della sua tenda, perché come lui, lo straniero, è ormai entrato nella tenda degli altri così altri possano ora entrare a far parte del numero degli amici aggiungendosi a quelli di sempre.

20 maggio 2006
Per chi volesse comunicare abbiamo la possibilità di un numero di telefono Satellitare 0870762069741. Non è sempre acceso, sicuramente la domenica sera dalle 19.30 alle 21.30.
Attenzione ai costi!


11 maggio 2006
Ricchezza culturale, sete di conoscenza.

Non potendo ancora comunicare in lingua locale non posso dire ancora di poter gustare la ricchezza culturale del posto, spero di poter comunicare qualcosa in seguito, per intanto ho potuto conoscere al contrario la grande sete di conoscenza, di informazioni, di apertura. All’interno, ossia in zone rurali, ogni passaggio di motocicletta, di vettura fa accorrere la gente perché è una novità che accade e può portare notizie. Una piccola idea mi è allora venuta, perché spesso si presentano dei ragazzi a chiedere qualche cosa da leggere, una rivista un giornale... con un ragazzo stavamo riparando un collegamento idraulico fatto con un tubo in plastica e per modellare il tubo serviva riscaldarlo un pò. Allora prendo un vecchio giornale per accendere una fiamma e riscaldare la plastica. Il ragazzo stupito mi ferma "scandalizzato" del fatto che un testo possa essere bruciato e mi chiede di poter donare a lui il giornale da leggere, non importa se vecchio.
Allora: non so se sarà fattibile, ma non è che spargendo la voce si possono recuperare dei testi qualsiasi in francese? in modo da costituire un piccolo "tesoro" da far circolare... una biblioteca è un nome un pò grosso da spendere, ma un armadio con qualcosa dentro sarebbe già qualcosa di grande.
Anche i testi scolastici sono una rarità, i prof. scrivono alla lavagna e gli scolari trascrivono nei loro quaderni, non parliamo del materiale didattico. L'altro giorno, non so come un insegnate è venuto a saper che ho con me una bussola (vecchio buon regalo degli scouts di Ponticella BO) ed è venuto a prestito per poterla far vedere alla sua classe e poi a tutti gli altri ragazzi della Scuola Primaria Centrale di Babonde (i primi sei anni di scuola elementare per 750 ragazzi).
A Kisangani una nostra comunità gestisce l'istituto di scuola superiore "Maele" e un nostro confratello mi mostrava la biblioteca e la quantità di libri sparsi sul pavimento. Sulle prime sono rimasto incerto se manifestare o meno il mio stupore per lo stato penoso in cui si trovava quella biblioteca, le infiltrazioni d'acqua dal tetto, il disordine sugli scaffali e lo slalom che occorreva fare per spostarsi perché tutta la superficie del pavimento era occupata. Incerto perché non capivo se il significato della visita fosse dimostrare il bisogno evidente di iniziare una ristrutturazione seria o se al contrario la visita intendesse mostrare con una punta di giusto orgoglio tutti quei testi che potevano essere messi a disposizione dei professori per preparare le lezioni e che pochi altri istituti in città potevano permettersi.
Ho fatto bene a non reagire, perché era questa seconda intenzione che muoveva il nostro confratello.

29 aprile 2006
Viaggiando
Costruire una casa è saggezza, ma è “viaggiando” che si acquista saggezza. E il viaggio è dentro e fuori, attraverso i paesi e le persone, le geografie e i volti, le esperienze proprie e quelle di chi si racconta. E si guarda sempre con occhi nuovi e si ascoltano suoni e ritmi mai uditi e si gustano cibi e si fanno pensieri. Tu non arrestare il tuo cammino. Se possiedi radici profonde, anch’esse non possono arrestare il cammino. Se ti sembra di aver confusamente corso invano è perché tu dovevi arrivare qui, non arrestare il tuo cammino.

martedì, aprile 11, 2006

Auguri

2 aprile ‘06
Ieri sera all’esterno della missione è radunato il gruppo locale dei maestri – una quindicina – appartenenti all’organizzazione O.R.A., gruppo più vasto incaricato dell’azione di sviluppo presso le popolazioni pigmee di questa regione e dell’Ituri. Ricevono attraverso la missione un piccolo salario e qualche aiuto per le loro attività, e questa sera, poiché alcuni vengono da lontano, si fermeranno qui a cenare e a dormire. Uno di loro mi pone la domanda del perché ho scelto di venire a Babonde.
Effettivamente ho chiesto di poter venire in Africa e in Congo; il fatto che oggi sia precisamente a Babonde è invece perché mi ci hanno inviato e sono contento di esserci. Ma perché la missione? Dopo essermi posto io stesso la domanda, e dopo averla raccolta dagli gli amici in Italia, ecco la gente di qui ripresentare la medesima questione.
“Condividere la fede” è la prima risposta, “realizzare un sogno”, “accettare una sfida”, sono le parole che affiorano. Ma stamattina, domenica, è ancora “La Parola” a donare luce: “il Principe di questo mondo sta per essere gettato fuori” (Gv 12, 23-33). Il Principe di questo mondo, la realtà di male, di contrarietà a Dio e agli uomini, la mano alzata dell’uno contro l’altro, ogni chiusura ed egoismo, viene gettata fuori, dice Gesù. Il mondo e noi stessi, continuando a fare esperienza del principe di questo mondo, vediamo che la battaglia non è conclusa, siamo a nostra volta coinvolti nella sfida contro questo “Principe”e chiamati a gettarlo fuori, almeno dalla nostra vita.
Perché sono qui in Africa, a Babonde? Perché sento che è la strada per condurre “la buona battaglia della fede” (1 Tm 6,12), per continuare e condividere con altri questa sfida, per scoprire insieme la verità di Gesù, per sperimentarne la via, per gustarne la vita. Non sarò io a gettare fuori di questo mondo il “Principe”, nessuno di noi ne sarà capace, né saremo capaci di gettarlo fuori dall’Africa, né dal Congo. Sapremo però condurre una buona battaglia. Gesù ci attira.
BUONA PASQUA

Acqua ed elettricità

31 marzo ‘06
Siamo alla fine di marzo: piccole curiosità.
Dopo due mesi di peregrinazioni arrivare a Babonde, mettere finalmente i piedi per terra, “mettere su casa”, mi permette di uscire lentamente dal limbo in cui sono stato immerso. Sottolineo lentamente perché senza possesso della lingua locale ogni vera attività è attualmente difficile; rimane la possibilità di poter dare un piccolo segno di presenza. Resto quindi “calmamente” in attesa e attivamente immerso nello studio della lingua swahili, proprio oggi ho iniziato le lezioni regolari assieme al mualimo Didier, un maestro tutto per me.
La comunità composta da p. Jean Paul Masudi e da fr. Egid è, direi, ideale. Mi trovo pienamente a mio agio.
Il clima è fresco, non ci sono zanzare in abbondanza, comunque egregiamente rimpiazzate da minuscoli ed invisibili insetti – approssimativamente portano il nome di maranguen - e pizzicano in maniera incredibile, aspetto ancora un po’ fiducioso nella teoria che dopo numerosi morsi si diviene immuni, ma se non succede in fretta credo che dovrò adottare le maniche lunghe come unica valida difesa.
Giusto per esercitarmi nella scrittura in lingua italiana, e prima di farci l’abitudine voglio annotare alcune delle cose che saltano all’evidenza nella vita di “brousse” come si dice qui, ossia della vita all’interno delle zone rurali, della foresta, lontano dalle città, le quali, per inciso, hanno poco da spartire con una delle nostre città.
Elettricità ed acqua sono due elementi che cambiano profondamente alcuni quotidiani comportamenti. Ecco che il lavandino in stanza non dona nulla, pur avendo una cisterna fuori per alimentarlo, la quale raccoglie l’acqua piovana del tetto: è da pulire e sono da reinstallare le grondaie che mancano. Ecco che i gabinetti possedevano lo “sciacquone”, oggi fuori uso e il bidone pieno d’acqua con il vicino secchio fungono da validi sostituti; l’ispezione alla cisterna che fornisce l’acqua all’unica doccia della casa fa dubitare sul risultato finale del “dopo lavaggio”, se cioè se ne esca puliti o sporchi di qualcosa d’altro di differente: anche questa sarà da risistemare. Per fortuna c’è un bidoncino di plastica con rubinetto incorporato che sotto il portico, fuori del refettorio dona l’acqua necessaria per lavarsi le mani prima dei pasti, ma è buona anche per permettere di aprire bene gli occhi appena alzati, svegliati dolcemente dalla luce del sole. Quest’acqua viene da una cisterna che raccoglie le acque piovane del cortile interno: una pompa azionata da motore elettrico dovrebbe estrarla, ma è in panne, per cui un secchio attaccato ad una canna compiono onorevolmente il servizio. L’acqua che beviamo viene invece presa con dei bidoncini di plastica da una fonte poco lontana, viene bollita e filtrata. Fino ad oggi non si sono verificati effetti collaterali, per cui il sistema funziona; è con quest’acqua che ci si può tranquillamente lavare i denti. E’ incredibile di quanta ne consumerei se funzionasse il normale rubinetto con la normale acqua potabile. Dicevo di un motore elettrico, che potrebbe funzionare quando funziona il gruppo elettrogeno, ossia il vecchio motore diesel (dev’essere qui all’incirca dagli inizi della missione vista l’età che dimostra), è lui che produce elettricità per la casa. Attualmente viene acceso a partire dalle 18,30 quando cioè cala il buio; lo spegniamo alle 21,30/22.00 quando ci si dà la buona notte (la sveglia è alle 5,30) ed è in questo periodo che tutto ciò che è ricaricabile viene attaccato alle prese: la torcia elettrica, le pile per la radio o per la macchina fotografica, il registratore o il computer… Abbiamo un frigorifero con sistema di raffreddamento azionato a petrolio, funziona benissimo a confronto di quell’altro, nuovo, che prende la corrente elettrica da batterie ricaricate da una serie di pannelli solari, i quali però si rivelano spesso insufficienti. Penso che quanto prima lo staccheremo, anche perché c’è così poco dentro che quello a petrolio basta e di spazio ne avanza. Il carburante per il gruppo elettrogeno lo acquistiamo in fusti da 200 litri circa, il famoso barile quotato in borsa con il prezzo in continua crescita, qui all’interno si aggiunge anche la difficoltà di trasporto per strade impossibili che distruggono in breve tempo jeep e camion. Naturalmente il fornitore è unico, per cui è difficile trattare sul prezzo. Stasera, in attesa che arrivi il prossimo rifornimento abbiamo prelevato dal serbatoio della jeep per accendere il gruppo. Ieri per riparare una saldatura a stagno di un piccolo trasformatore abbiamo utilizzato l’unico saldatore disponibile riscaldandone la punta sulle braci del fuoco da cucina. Diciamo che è mancata un po’ la precisione viste le dimensioni della grossa punta, ma il lavoro è stato comunque efficace. Ecco dimenticavo la cucina, è staccata dalla casa, per tradizione di qui, ma anche a causa dell’abbondante fumo che abitualmente la abita, per fortuna una cucina economica razionalizza l’uso della legna, quando questa è lunga la misura giusta per entrare nell’apposito sportello, ma se a causa della lunghezza ne esce fuori o se è un po’ verde o umida l’effetto nebbia è assicurato.
Annoto tutto questo solamente per la meraviglia o il confronto iniziale con le condizioni di vita da cui vengo, ma bastano pochi giorni per abituarsi. Molti di questi particolari mi ricordano i racconti dei miei genitori nelle loro case d’infanzia. Una sola attenzione che vorrei avere, quella di non abituarmici troppo, avendo invece la tensione giusta per cercare di far funzionare meglio quelle cose che lo possono, evitando trasandatezza o minimalismo.

SALAMU

25 marzo ‘06
Arrivo a Babonde. Sono le 19.00 circa, quindi al buio, ma c’è ancora una piccola folla di gente che aspetta e fa festa, con saluti e canti. Sono davvero sorpreso, non me l’aspettavo. Molti non ho potuto vederli per il buio, molti di più perchè sono rientrati nelle loro case, erano davanti alla missione ad aspettare fin dalle 14.00. Scatto qualche foto con la solita grande meraviglia che il piccolo schermo digitale provoca.
Il viaggio sui 90 kilometri circa è durato 5 ore buone, con difficoltà di percorso davvero notevoli, mi rendo sempre più consapevole che mi sto allontanando da un mondo. Il cuore è lieto o sto pensando ad altro. La vecchia Land Rover e l’autista hanno fatto bene il loro dovere, eravamo stracarichi di materiale per la costruzione di una nuova chiesa a 30 km da Babonde, e stracarichi di persone. Grazie a Dio non ci sono stati intoppi. P. Jean Paul la settimana scorsa, quando era venuto per prendermi, sulla strada del ritorno ha avuto un guasto ed ha dovuto passare fuori la notte.
Viaggia con noi Pauline, una Piccola Suora dell’Evangelizzazione, hanno una comunità a Babonde ed un’altra ad Ibambi, a 16chilometri prima di Babonde. Le parole chiave sono Karibu, ossia “benvenuto” e “salamu” che è il saluto abituale in questa zona, importato dagli arabi che venivano a “caccia” di schiavi, ma che proviene dall’ebraico e significa “ogni pace e ogni bene”.

martedì, marzo 21, 2006

Speranze


Elezioni: per il popolo congolese non c'è al momento altra speranza che uscire dal “processo di transizione” (dieci anni oramai dopo gli otre trenta di dittatura). Dopo gli innumerevoli passi indietro di questi decenni iniziare a camminare in avanti? Le elezioni possono marcare questa inversione di marcia, ma sono anche un momento di grande tensione, fragilità, verifica della intenzioni vere dei poteri forti di qui ed occidentali. E’ allora da diffondere l’iniziativa dei Beati i costruttori di Pace – Osservatori Internazionali alle Elezioni - che vi invito a visitare, conoscere, sostenere. Ciao

sabato, marzo 18, 2006

Saluti Salute?


Quanti "battesimi" si ricevono nella vita? uno di questi, per chi viene a vivere in Africa è anche quello della malaria. Un vaccino ancora non c'è, si dice che fino ad oggi le grandi case farmaceutiche non abbiano investito molto su questo "flagello" perchè i potenziali clienti risulterebbero troppo poveri per acquisire i farmaci prodotti. Oggi è un estratto di una pianta cinese, l'Artemisia Annua, a fornire il farmaco più efficace ma ancora troppo costoso per le magre tasche della maggior parte dei congolesi (e di moltissimi altri). Per chi vuole saperne di più lascio il link di un sito interessante.
Bene, anch'io sono qui a scrivere convalescente e dolorante, dopo un paio di giorni di febbroni.
Si "incarna" il mestiere: anche questo è inserimento. Ciao, p. Renzo p.s. un grazie a chi mi ha inviato il testo che segue.

Voi vi credete poveri,
"Voi vi credete poveri, ma è perché non avete coscienza delle vostre ricchezze. Prova ne è che se vi dicessi: «Eccovi dieci milioni in cambio delle vostre mani!» li rifiutereste. «Allora, datemi i vostri occhi per cento milioni!» e voi rifiutereste ancora. E se vi chiedessi di darmi la vostra lingua, il vostro naso o le vostre orecchie per delle somme fantastiche, continuereste a rifiutare. Ma allora, questo non solo significa che non siete poveri, ma anche che siete arcimiliardari! È come se qualcuno, proprietario di terreni e di castelli, si ritenesse povero perché non ha denaro liquido a disposizione. Voi credete di essere poveri perché non avete monete d’oro e neppure banconote. Ma in realtà, la vera ricchezza non è quella. La vera ricchezza è il vostro corpo fisico, con tutto ciò che potete realizzare grazie ad esso, e non solo: lo è anche il vostro cuore, il vostro intelletto, la vostra anima e il vostro spirito con i quali potete abbracciare l’intero universo." Omraam Mikhaël Aïvanhov

sabato, marzo 11, 2006

Bambini


Scrive Elisa: "i bambini sono sempre una grande benedizione anche quando arrivano non "programmati", quando mettono alla prova la tua pazienza, quando ti fanno sentire inadeguata...ma ogni sorriso che fanno è una benedizione, ogni volta che ti prendono per mano è una benedizione, ogni volta che per strada ti chiamano per salutarti è una benedizione... E di benedizioni ce n'è sempre bisogno”!“Lasciate che i bambini vengano”. Sono il futuro, per loro più che per noi costruiamo il futuro… e “diventate come i bambini”.

Tolekisti (vuoti di passeggero)


Eccomi di nuovo, tornato ieri da Basoko, storica missione all’incrocio del fiume Congo con l’Arwimi.
Delle cose vissute laggiù, voglio ricordare la cordialità della nostra comunità e di quella delle suore francesi dell’immacolata Concezione (della Bretagna per la precisione). Voglio ancora ricordare l’appiccicamento di un paio di persone tra le altre per la richiesta di aiuti, per continuare gli studi o semplicemente per qualche piccolo regalo… è davvero sistema quello di chiedere al “padre missionario”… per il momento sono stato gentile ma inflessibile, arrabbiato contro l’insistenza. E’ certo che il Vangelo invita a chiedere e a farlo cono insistenza… ma veramente mi sembra una corsa dei più scaltri, invece che dei più bisognosi, al tesoro individuato (non ancora il tesoro vero).
Voglio ricordare la messa alla cappella di Yabangia a 25 Km, con p. Jean, in moto, l’inaugurazione della nuova chiesa in poto poto (fango), l’ospitalità del catechista, l’impressione che suscita il piccolo schermo della macchina fotografica digitale.
Di ritorno a maison Sacrè Coeur abbiamo finalmente avuto i particolari dell’aggressione della settimana scorsa.
L’autista del camion dello scolasticato ha avuto un drammatico incidente prendendo sotto un tolekista (taxista in bicicletta) e il suo passeggero che purtroppo è morto, ad un centinaio di metri dalla casa Maison Sacrè Coeur. Le suore francescane di passaggio portano il tolekista all’ospedale, l’autista si rifugia presso la nostra casa. Come ben si sa occorre mettersi in salvo per sfuggire un quasi sicuro linciaggio sul posto.
Nessuna colpa dell’autista circa la dinamica dell’incidente, i due in bicicletta gli si sono infilati sotto le ruote a causa di un urto avuto con un’altra bicicletta e di una manovra maldestra di un motociclista, concause il dissesto delle strade e l’approssimazione del rispetto di un minimo di codice stradale che sono il condimento quotidiano di che viaggia. Ma per chi ha un incidente non c’è ragione. Il morto è uno studente universitario, l’università è vicina. Agitatori fuori corso la frequentano da anni… monta una piccola folla di studenti che entra nel cortile della comunità alla ricerca del fuggitivo ben nascosto (tutti i mezzi delle nostre comunità portano l’adesivo ‘Prêtre du Sacrè Coeur’. La polizia chiamata accorre, ma è bloccata all’altezza del camion da altra folla che ne impedisce il passaggio e, come spesso accade, arriverà solo quando tutto sarà oramai concluso.
Con i giovani non c’è verso di ragionare ma solo di barricarsi in casa per non giocarsi la vita, mentre inizia un lancio di sassi e di grosse pietre che sfondano vetri e porte e fracassano il parabrezza di un’auto parcheggiata, alcuni studenti provenienti da Basoko e amici dei padri tentano di calmare gli esagitati ma non c’è verso fino a che qualcuno scopre una porta aperta e grida “è fuggito di qua, oramai ci è scappato”… Non aggiungo particolari, se non che al camion è stato dato fuoco, ma faccio qualche considerazione.
C’è un modo di reagire ai fatti, soprattutto negli incidenti stradali, ma similmente ogni volta che ci si trova di fronte alla morte di una persona giovane, che è totalmente istintiva da una parte, e dall’altra è “forzata” a cercare ad ogni costo un colpevole. Nessuna morte accade naturalmente, c’è sempre una causa, c’è sempre un colpevole. Strano a dirsi in questo paese dove per contro c’è molta rassegnazione a fronte delle mille disgrazie da sopportare. Un colpevole va trovato e punito, forse che anche qui la sofferenza estrema quella della morte rimane un mistero difficile da affrontare e richiede qualche scorciatoia di risposta… noi in occidente scegliamo spesso l’altra scorciatoia, quella di dare la colpa a Dio o di negare l’evidenza cullando il sogno di una tecnologia medica che dia sollievo a tutto e a tutti.
Nella illogica reazione della piccola folla di giovani si legge anche la disperazione di una nazione che da decenni non riesce ad intravedere via di uscita ai mali e alle schiavitù che la rendono perennemente “minore” nell’insieme dei popoli, perseguitata dai debiti e dallo sfruttamento neocolonialista, svenata dalla corruzione dei propri governanti, vessata da tutte le istituzioni, polizia compresa, che invece di difendere il diritto e la giustizia vedono nel “piccolo” una ghiotta preda da mungere per uscire dal comune sfacelo. Violenza subita, mai digerita, genera altra cieca violenza.
C’è infine una politica, una sporca politica che nel piccolo di una città di foresta tropicale riproduce i passi dei grandi, ossia, nella confusione, del ‘tanto peggio tanto meglio’, qualcuno guadagna, ed immancabilmente quest’ultimo è colui che è già ben piazzato e può far valere il peso della forza che già ha acquisita.
Prontezza nel perdono, ricerca del diritto e della giustizia, libertà della coscienza, capacità di testimonianza personale, giudizio lasciato a Dio, consapevolezza di una fatica da vivere…
mi sembrano tutte parole d’ordine per un lavoro di animazione, di educazione, di evangelizzazione qui in Congo, ma buone ovunque… non semplicemente un programma… la luce di Cristo dona un sapore speciale a tutto.

mercoledì, febbraio 22, 2006

MONICA


Devo ripresentare Monica poichè è sparita da queste pagine troppo in fretta, misteri dell'internet. E' una conoscenza fatta appena partito dall'Italia. Ciao
Nel pomeriggio con Claudia facciamo visita ad una signora, Monica, appena operata (gli è stato asportato l’utero causa un tumore) ed ora è a casa in convalescenza. E’ una persona particolare o meglio speciale, perché ha adottato un bambino. Anzi forse non è tanto speciale viste le tante persone che con mille fatiche ma con grande coraggio adottano dei figli e viste le altre decine di testimonianze di condivisione e solidarietà che le comunità e le famiglie operano quotidianamente a Nyahururu. La sua storia merita comunque di essere raccontata.
Monica non ha potuto terminare gli studi, la mancanza di denaro sufficiente per pagare la scuola nonostante l’aiuto iniziale di uno zio, il padre dedito all’alcool, la necessità di lavorare presto… “Ma Dio non vuole che le persone soffrano a lungo”, ed ecco il matrimonio con James, del quale è innamorata oggi come allora, quando erano fidanzati: “una vera benedizione di Dio”, e tre figli, Bob, Lucy e Mothoni.
Il S. Martin nel suo progetto di recupero dei ragazzi di strada, sta tentando di sensibilizzare le diverse comunità, creando dei gruppi di sostegno e di animazione affinché si possano individuare delle famiglie affidatarie e Monica ne fa parte con entusiasmo. Non è affatto cosa semplice trovare chi sia disposto a prendere in casa un ragazzo di strada, spesso violento, abituato a sopravvivere da se stesso, incapace di obbedire ad alcuno.
Ora è per Mbogwa che si sta cercando famiglia, la sua è una vicenda difficile, abbandonato dalla famiglia nelle braccia poco affettuose della strada quando aveva l’età di tre anni ed ormai già da cinque sopravvive di espedienti assieme a ragazzi più grandi di lui. Cinque anni sulla strada sono lunghi e segnano profondamente la sua persona. Com’era prevedibile non si trova una famiglia disponibile, e i responsabili del S. Martin sono ora loro stessi a farsi avanti chiamando Monica ed invitandola a prendere in casa Mbogwa.
Monica da parte sua si sta dicendo che non può girare di famiglia in famiglia, come volontaria del S. Martin, cercando dei genitori affidatari, tentando di convincerli che è possibile accogliere un bimbo, fosse anche proveniente dalla strada, quando lei stessa non sa precisamente per esperienza diretta cosa questo comporti, sa anche che nella vita occorre dare l’esempio in certe circostanze.
Ne parla quindi con James e con i tre figli ed insieme decidono che “si può fare”, si potrà prendere Mbogwa per un periodo di prova di alcuni mesi, poi si vedrà.
Mbogwa quando arriva è letteralmente coperto di pustole e di pulci, ma sr Tiziana ha provveduto a delle medicine (una polvere bianca) che dovrebbe guarire il tutto. La casa della famiglia di Monica è una baracca di legno, come è normale da queste parti, nella zona di Nyahururu, in Kenya: una stanza dedicata ai genitori, ed una ai figli, un letto per le femmine e l’altro quello di Bob da condividere ora con Mbogwa. Bob è felice di avere finalmente un fratello con cui condividere i lavori quotidiani e il gioco, ora non si tira indietro nel momento di condividere il letto (sarà risparmiato dalle infezioni) e il giorno dopo condividerà anche gli abiti, scegliendo per il nuovo arrivato quelli più belli tra i troppo pochi a disposizione.
Racconta Monica:
“Abbiamo sempre sbagliato a pensare i ragazzi di strada un problema, e nei timori della decisione a pensare a Mbogwa come ad un problema. Mbogwa è stato una benedizione per la nostra famiglia, ha aiutato noi ad essere migliori, i nostri figli a crescere in modo diverso. Certo la durezza e talvolta la violenza che Mbogwa ha ereditato dalla strada, frutto di un amore mai ricevuto, non sono stati facili da affrontare, soprattutto all’inizio, per tutti noi, genitori e figli, ma poco alla volta le cose sono cambiate ed ora Mbogwa è tra i migliori degli studenti della sua scuola, ogni volta che ci siamo confrontati durante il periodo di prova, nessuno della famiglia ha mai avuto il dubbio se tenerlo o rimandarlo indietro”.
“Prima di andare alle scuole superiori – dice ancora Monica – Mbogwa pregava spesso per la salute di noi genitori così che ci fosse la necessaria possibilità economica per poterlo iscrivere. Le scuole superiori, soprattutto quelle di buon livello sono molto costose. Proprio in quel periodo invece mio marito Bob fu licenziato, in un periodo di grande crisi per il nostro paese. Fu allora che ci chiedemmo se non era il caso di rimandarlo indietro poiché non riuscivamo neppure a pagare le spese dell’altro nostro figlio Bob. Fu mio marito James a riflettere che una simile decisione non avrebbe comunque risolto il problema che andava invece affrontato diversamente, e se erano disposti a fare dei sacrifici per i tre figli avrebbero potuto farlo anche per quattro”. Fu poi la disponibilità del preside della scuola a rifiutare che Bob fosse ritirato a metà anno e a permettere ugualmente a Mbogwa di iscriversi l’anno successivo, in attesa che il marito trovasse un nuovo impiego. Mbogwa è sempre stato tra i migliori della scuola, nel tempo ha smussato molte delle spigolosità dei primi tempi delle quali hanno fatto prova soprattutto gli altri fratelli. Monica dice che li ha anche aiutati ad affrontare la vita in modo diverso, a far crescere attenzioni e aperture a tutti loro. Oggi sa essere obbediente ed ha promesso alla mamma adottiva una laurea, una casa ed un’automobile. Il papà James ha trovato lavoro al S. Martin e sta lui stesso costruendo pian piano una nuova casa più grande. Monica non vede l’ora che sia finita perché nel frattempo ha ospitato per alcuni giorni un altro bimbo di 8 anni, Wachira, che pur avendo la madre, vive però in stato di abbandono ed ancora non si è trovata una famiglia che lo possa accogliere. Ma Monica già vi si è affezionata ed è pienamente convinta che sarà lei a prenderlo.

domenica, febbraio 19, 2006

Il fiume Congo a Kisangani


Il fiume Congo da S. Gabriel, ossia alle radici della presenza cristiana in Kisangani, allora chiamata Stanleyville, e in tutto l’Est del Congo. Nel luogo che fu di p. Grison, primo nostro missionario a partire dal 1897. Qui sono anche le tombe dei numerosi nostri confratelli uccisi durante i moti del 1964. Scrivo al fresco di un solenne temporale equatoriale, dopo una umida ed afosa giornata. Sul fiume Congo, le piroghe vi scorrono lentamente, trasportando persone o pescatori. L’acqua defluisce con calma ed imponenza.

domenica, febbraio 12, 2006

Kisangani



Altra tappa raggiunta, la città di Kisangani dopo un pò di percorsi e il passaggio a Mambasa con il classico viaggio in camion.
Giada mi ha inviato questo che segue (grazie) e cosa di meglio se non diffonderlo?

Voi vi credete poveri,
"Voi vi credete poveri, ma è perché non avete coscienza delle vostre ricchezze. Prova ne è che se vi dicessi: «Eccovi dieci milioni in cambio delle vostre mani!» li rifiutereste. «Allora, datemi i vostri occhi per cento milioni!» e voi rifiutereste ancora. E se vi chiedessi di darmi la vostra lingua, il vostro naso o le vostre orecchie per delle somme fantastiche, continuereste a rifiutare. Ma allora, questo non solo significa che non siete poveri, ma anche che siete arcimiliardari! È come se qualcuno, proprietario di terreni e di castelli, si ritenesse povero perché non ha denaro liquido a disposizione. Voi credete di essere poveri perché non avete monete d’oro e neppure banconote. Ma in realtà, la vera ricchezza non è quella. La vera ricchezza è il vostro corpo fisico, con tutto ciò che potete realizzare grazie ad esso, e non solo: lo è anche il vostro cuore, il vostro intelletto, la vostra anima e il vostro spirito con i quali potete abbracciare l’intero universo."Omraam Mikhaël Aïvanhov

martedì, febbraio 07, 2006

A Casa

Decisamente le strade sono un'altra cosa rispetto al Kenia e All'Uganda, decisamente la polvere è un'altra cosa, così la burocrazia... ma mi sento a Casa qui in Congo, Jambo

domenica, gennaio 22, 2006

GRAZIE


Non saranno le parole a dire il grande grazie che vorrei manifestare a tutti, sarà la gioia sperimentata in questi giorni che potremo conservare e moltiplicare donandola ancora.
Ciao!

giovedì, gennaio 12, 2006

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Altre informazioni le puoi trovare sul sito di Scuola Missionaria all'indirizzo: www.dehoniani.it/scuolamissionaria